Sergente Zuban vittima dell’amianto durante servizio militare, alla vedova risarcimento da 285mila euro
Riconosciuto lo status di vittima del dovere e confermata la condanna dei ministeri dell'Interno e della Difesa. Così la Corte d'Appello di Trieste si è espressa sul caso del sergente Dario Zuban, morto nel febbraio 2023 per aver contratto un mesotelioma peritoneale legato all'esposizione all'amianto durante il servizio alla Marina Militare alla fine degli anni Settanta.
Una vittoria postuma che garantisce alla vedova, Gina Natalini Risi, un risarcimento di 285mila euro e un assegno vitalizio di 2.100 euro al mese. L'uomo aveva scoperto di essere affetto dal tumore nell'ottobre del 2015, all'età di 60 anni.
Il caso di Zuban
Dopo la diagnosi, Zuban ha anche appreso la sua elevata, e non cautelata, esposizione all'amianto durante il periodo del servizio militare. Tra il 1976 e il 1978 è stato motorista a bordo della nave Centauro, dove perfino le cuccette erano esposte all'amianto friabile, e ha lavorato nelle basi arsenali militari.
A quel punto, l'uomo ha deciso di rivolgersi all'Osservatorio nazionale Amianto e all'avvocato Ezio Bonanni (presidente dell'Osservatorio), coadiuvato dall'avvocato, Corrado Calacione, per ricevere il riconoscimento dello status di vittima del dovere e i benefici riservati alle forze armate.
Ciò nonostante, Zuban non è riuscito ad arrivare alla fine del processo. Il 19 febbraio 2023 è morto per un aggravamento delle proprie condizioni di salute. Dopo un lungo processo, il tribunale di Trieste prima e la Corte d'Appello poi, hanno dato ragione alla moglie del sergente, evidenziando la sua esposizione a elevate concentrazioni di polveri e fibre di amianto e certificando la connessione tra quest'ultime e la malattia contratta.
Per l'avvocato Bonanni, questa sentenza è "significativa perché sottolinea che l'amianto è stato usato senza restrizioni e in elevate concentrazioni nelle basi arsenalizie e nelle unità navali, e che c'è stata esposizione indiscriminata e senza restrizioni dei nostri militari". E poi osserva: "Purtroppo sono centinaia i casi di decessi dei militari delle nostre forze armate per mesotelioma e altre patologie asbesto correlate".
Dati dell'Istituto Superiore di Sanità
Dai dati del nuovo rapporto Istisan 24/18 "Impatto dell'amianto sulla mortalità. Italia 2010-2020" dell'Istituto Superiore di Sanità (Iss), nel decennio tra il 2010 e il 2020 in Italia sono morte 16.993 persone per mesotelioma. Di cui l'1,6% con età pari o inferiore ai 50 anni.
Un trend in diminuzione dal biennio 2008-2009, quello dei decessi tra gli under 50, che evidenzia "un primo effetto della legge 257 del 1992 con la quale l'Italia vietò l'utilizzo dell'amianto e la produzione di manufatti contenenti amianto", spiega il report.
Indicativa anche la differenza tra i tassi di mortalità di regione in regione. Con i numeri più elevati nell'ex triangolo industriale: Lombardia (4.233 in tutto), Piemonte (2.328) e Liguria (1.435). Al di là dei numeri assoluti, le tre regioni con l'aggiunta della Valle d'Aosta, vista la presenza di "cantieri navali, poli industriali, ex industrie del cemento-amianto ed ex cave di amianto", presentano un numero di decessi per 100mila abitanti sopra la media nazionale.
"Le morti e le malattie per amianto destano un grande senso di ingiustizia sociale che richiama tutti alla necessità di intervenire – dice Marco Martuzzi, direttore del dipartimento Ambiente e Salute dell’Iss -. In Italia molto è stato fatto negli ultimi decenni, per cui oggi si vedono i primi effetti positivi”.
E chiosa: “L’amianto rimane un’emergenza ambientale e sanitaria che richiede urgenti interventi di prevenzione, eliminando esposizioni residuali all’amianto ancora presenti nel nostro Paese. Va assicurata un’adeguata assistenza sanitaria e sicurezza sociale agli ex esposti, ai malati per amianto e ai loro familiari".