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Processo Ciro Grillo

Sentenza Ciro Grillo: il figlio del comico condannato con gli amici per stupro di gruppo

È arrivata la sentenza del processo di primo grado a Tempio Pausania per Ciro Grillo e tre amici, accusati di violenza sessuale di gruppo a Porto Cervo nel 2019. Il tribunale ha deciso che il figlio del comico dovrà scontare 8 anni, così come Edoardo Capitta e Vittorio Lauria, 6 anni e 6 mesi invece per Francesco Corsiglia.
A cura di Biagio Chiariello
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Ciro Grillo (foto Instagram)
Ciro Grillo (foto Instagram)
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È arrivata la decisione del tribunale di Tempio Pausania nel processo di primo grado che vedeva alla sbarra Ciro Grillo, figlio del fondatore del Movimento 5 Stelle Beppe, insieme a Edoardo Capitta, Francesco Corsiglia e Vittorio Lauria. I quattro erano accusati di violenza sessuale di gruppo per i fatti risalenti alla notte tra il 16 e il 17 luglio 2019, nella villa di famiglia dei Grillo a Porto Cervo, in Sardegna. Dopo mesi di udienze e cinque anni di indagini, i giudici hanno stabilito che il figlio del comico dovrà scontare 8 anni, così come Capitta e Lauria, 6 anni e 6 mesi invece per Corsiglia.

Va comunque specificato che tutti e quattro gli imputati restano in libertà: le porte del carcere per Grillo & c. si apriranno soltanto in caso di condanna passata in giudicato: dunque prima ci sarà il processo d'appello, poi eventuamente la Cassazione.

Il collegio ha riconosciuto ai quattro imputati le attenuanti generiche e disposto un’indennità provvisionale da liquidare alle parti civili: 10mila euro per Grillo, Lauria e Capitta, e 5mila euro per Corsiglia. Quest’ultimo è stato condannato per stupro di gruppo, ma assolto dall’accusa di aver molestato l’amica della studentessa italo-norvegese mediante la diffusione di foto a contenuto sessuale scattate mentre la ragazza dormiva nella villetta in Sardegna. I risarcimenti civili saranno definiti in sede successiva.

La procura aveva chiesto una condanna a 9 anni di reclusione per ciascuno degli imputati.

‘Nonostante le prove fossero poderose, non ci si abitua mai ad attendere una sentenza simile. La mia assistita è scoppiata in lacrime, mi ha commosso. Le prime lacrime di gioia in un percorso in cui è stata crocefissa". Così l'avvocato Giulia Bongiorno all'uscita del tribunale di Tempio Pausania, dopo la pronuncia della sentenza. "In questa terra dove è stata massacrata, non trova la fine della sua sofferenza – ha spiegato – ma trova il significato della sua sofferenza. Ha denunciato e creduto nella possibilità che ci fosse giustizia. Questa è una sentenza granitica, veramente importante, perché significa che quando ci sono delle violenze, non vince lo struzzo ma chi ha il coraggio di denunciare".

"Siamo molto delusi, ribadiamo il fatto che siamo convinti della nostra innocenza. Proseguiremo nei gradi di giudizio successivi. Aspettiamo i motivi della sentenza e poi ovviamente proporremo appello. Non ci aspettavamo questa sentenza", commenta l'avvocato Enrico Grillo, che difende Ciro Grillo.

La vicenda era iniziata dalla denuncia di una giovane italo-norvegese, maggiorenne all’epoca dei fatti, presentata a Milano otto giorni dopo quella notte. Da lì erano scattate le indagini, approdate al procedimento che si è concluso oggi. La lettura della sentenza, inizialmente prevista il 3 settembre, era stata rinviata a causa della morte improvvisa del figlio del presidente del collegio giudicante, Marco Contu. L’udienza di questa mattina si era aperta con le ultime repliche di tre avvocati della difesa, poi i giudici si erano ritirati in camera di consiglio per la decisione.

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Né gli imputati né la giovane donna erano presenti in aula. "L’ho sconsigliata vivamente dal venire – aveva spiegato l’avvocata di parte civile Giulia Bongiorno, senatrice della Lega, entrando in tribunale –. Innanzitutto perché sapevo che l’udienza sarebbe stata molto lunga e soprattutto per il rischio che qualcuno potesse fotografarla. Ma è come se fosse qui. Cosa mi aspetto dalla sentenza? Ho fiducia nella giustizia, credo che quanto raccontato dalla mia assistita trovi conferma nella decisione dei giudici".

Le difese, al contrario, hanno insistito fino all’ultimo per l’assoluzione. "La ragazza non è attendibile, per questo ribadiamo la richiesta di assoluzione per tutti gli imputati", hanno sintetizzato gli avvocati durante le repliche. L’avvocato Alessandro Vaccaro, che difende Vittorio Lauria, ha spiegato: "Chiediamo l’assoluzione perché il fatto non sussiste e non costituisce reato. La persona offesa non è credibile, nega di aver interagito con i ragazzi nella discoteca, nega di averci interagito nel patio della villetta. E lo conferma anche l’amico Alex Cerato, che parla addirittura di un bacio su un divanetto della discoteca Billionaire tra la ragazza e Ciro Grillo".

Il legale ha poi elencato quelle che le difese considerano incongruenze del racconto della ragazza, ritenute indicatori della sua non credibilità. "Ci vuole molto coraggio a condannare, ma sono certo che questo tribunale avrà il coraggio di assolvere", ha concluso Vaccaro.

È intervenuta poi l’avvocata Antonella Cuccureddu, insieme al collega Gennaro Velle, che difende Francesco Corsiglia: "La ragazza subiva una forte pressione morale sui suoi comportamenti, anche sessuali, e non è attendibile – ha sottolineato –. Non racconta ai carabinieri del bacio in discoteca, non parla dei suoi atteggiamenti affettuosi con Corsiglia. Le dichiarazioni dell’amica sono invece sempre confermate da tutti i ragazzi, e le parole della presunta vittima non coincidono con la ricostruzione della serata fatta dagli imputati".

Anche l’avvocato Mariano Mameli, difensore di Edoardo Capitta, ha ribadito l’innocenza del suo assistito, ricordando i momenti più significativi della notte di luglio 2019 e delle ore successive alla presunta violenza sessuale. Mameli ha inoltre criticato alcune parti della requisitoria del procuratore, parlando di "fragilità degli assunti su cui si fondano le accuse".

Le repliche delle difese hanno ribadito un concetto centrale: laddove non vi sia certezza assoluta, vale il principio del ragionevole dubbio. "Abbiamo portato al collegio numerosi elementi a supporto dell’innocenza dei nostri assistiti – ha detto Velle –. La nostra richiesta è l’assoluzione piena perché il fatto non sussiste, e il rapporto avvenuto era consenziente".

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