Scomparsa Clara Rossignoli, il giallo continua: trovato sangue su un furgone, a chi appartiene

Sono due le tracce ad avere interesse investigativo nella vicenda della scomparsa di Clara Rossignoli. Una traccia ematica e una biologica. Quella ematica, di sangue, è stata repertata dalla sezione scientifica del nucleo investigativo dei carabinieri e si trova sul furgone ora sotto sequestro di un amico dell’indagata per omicidio e occultamento, Erica Chiarion. Lunedì 26 maggio a Padova sono stati estrapolati i due profili genetici delle tracce, e quella ematica è stata confrontata con il profilo genetico di Clara Rossignoli, per capire se il sangue su quel furgone è il suo.
Il fascicolo, inizialmente aperto il 14 aprile, in seguito alla denuncia della figlia Marta, era per istigazione al suicidio. Ma grazie ad alcuni riscontri investigativi il titolo dell’inchiesta è stato cambiato in omicidio e occultamento di cadavere: due gli indagati, Mattia Nascimben, nipote della donna, e Erica Chiarion, sua convivente, con l’aggravante anche di essere familiari della donna. Al momento non è indagato il proprietario del furgone: dipenderà, immaginiamo, dall’esito dell’accertamento. Dell’uomo è stata perquisita l’abitazione con il nucleo investigativo scientifico dei carabinieri, sequestrati i telefonini e tutti i mezzi di trasporto in suo possesso (poi restituiti).
Raggiunto, ci ha detto: “Sono pulito. Se il sangue è della signora scomparsa? È impossibile”. Le ricerche della donna con cani, protezione civile e sommozzatori inizialmente si sono concentrate sull’argine e nella vasta area agricola vicina alla sua abitazione, e al percorso via argine che si compie da casa di Clara.
Cosa sappiamo sugli indagati del caso Clara Rossignoli
Sugli indagati non pendono misure cautelari: non c’è rischio di fuga o di inquinamento delle prove. Erica Chiarion, intervistata ai microfoni di Storie Italiane su Rai 1 (da chi scrive), dopo una lunga giornata tra perquisizioni e caserma dei carabinieri dove ha da subito scoperto di essere indagata, ha detto: “Siamo puliti”. E poi ancora: “Aiutateci a trovare Clara, non si può cercare dove non è”.
Mattia Nascimben non parla alle telecamere e giustifica l’atteggiamento aggressivo mostrato in alcuni programmi televisivi sostenendo che avere i giornalisti sotto casa è pesante per il figlio 11enne. Lo avevamo intervistato a Pasqua, quando ancora la famiglia era unita e loro non erano sospettati, e aveva detto: “Potete immaginare come sto. Non parliamo ai giornalisti, non facciamo appelli, ci fidiamo dei carabinieri, abbiamo fatto un appello su Facebook”. E poi ancora, scrive oltre 35 giorni dopo la scomparsa: “Non immaginate come sto male dentro, lei per me era una mamma non solo una nonna”. I Carabinieri intanto sono tornati anche lo scorso venerdì a esaminare la casa e il fitto bosco che si trova alle spalle.
Cosa non torna: il giorno della scomparsa
Ma nonostante la genuinità delle parole degli indagati, i punti a non tornare sono tanti: il primo riguarda il giorno della scomparsa, e sono proprio il nipote e la convivente a dire una data che non corrisponde alla tesi della Procura. Nella comunicazione di richiesta di accertamento la pm Silvia Facciotti scrive che i delitti sono stati commessi “in epoca successiva e prossima al 8.4.2025”. Da comunicato stampa dei carabinieri del 30 aprile, la data di scomparsa era da considerarsi l’11 aprile, perché Mattia diceva di avere visto la nonna uscire presto alla mattina – nella denuncia della figlia dice alle 6:00, poi però – ha specificato Erica – erano verso le 8. E i vicini raccontano di averla vista l’ultima volta il giovedì sera, ma poi si rendono conto che è in verità il martedì.
Mancherebbero però riscontri oggettivi: non ci sarebbero immagini di Clara in giro per il paese dall’8 aprile, nessuna immagine di lei che sale su qualche auto. Solo due persone che sono certe di averla vista giovedì mattina (alla stessa ora) venire da casa sua poco prima del tabaccaio che frequentava (ma del passaggio dalle telecamera del tabacchino di lei non c’è traccia). Al bar nessuno la vede più, a partire dalla sera dell’8 aprile, quando avviene un pesante litigio in casa perché, a causa di una bolletta non pagata di circa 560 euro, era stata staccata la corrente (poi riattivata solo il 15-16 aprile) grazie a un prestito dell’amico di Erica (lo stesso del furgone).
Dopo la lite avvenuta con chi era in casa, Clara esce e va dai vicini, a chiedere delle candele: “Era molto agitata, si lamentava, a tratti spaventata. Era arrabbiata perché sperava che la bolletta fosse stata pagata da quelli che erano in casa, come da accordi”. “Aveva raggiunto un equilibrio, lei era fuori tutto il giorno e loro pagavano le bollette”. Ma è proprio questo rendere pubblica la situazione di indigenza a fare arrabbiare Erica: “La lite di base c'è stata perché è andata a dire in giro alle persone che eravamo senza luce e io avevo paura per la situazione in casa, del bambino e della famiglia. Le liti succedevano ogni 15 giorni”.
Da Marco, amico di Clara, sappiamo che non era sua intenzione uscire quel mercoledì 9, ma sappiamo anche che Clara, che in casa non stava bene, trascorreva tutto il giorno con la sua seconda famiglia al bar del paese, dove era amata e dove incontrava il fratello tutti i sabato. Ed è quindi proprio il gestore e amico fraterno della donna il primo a preoccuparsi il giovedì, quando non la vede. La denuncia viene però sporta solo lunedì 14, e il sabato, giorno del compleanno di Clara che da febbraio organizzava un brindisi al bar, i conviventi allertano gli altri famigliari dell’assenza della donna. I quali temporeggiano solo perché viene loro raccontato che Clara era solita stare via anche qualche giorno. In verità in passato Clara avrebbe trascorso solo una notte fuori, per accudire un suo amico anziano e convalescente, ma nient’altro. Infine, è la figlia Marta a sporgere denuncia. E lei è convinta: “È scomparsa martedì, da lì in poi c’è un buco fino al sabato”.
Erica non ha mai negato i rapporti tesi con la donna in casa, ma li ha giustificati raccontando una realtà che non ha trovato riscontri da chi conosceva la donna: ovvero che l’anziana beveva, tornava a casa sempre ubriaca a mezzanotte, soffriva di demenza senile, frequentava stranieri, e che gli assistenti sociali fossero stati allertati di una situazione difficile da gestire. Una sua amica ha raccontato a chi scrive (non alle telecamere e nemmeno ai carabinieri, per paura) che un giorno avrebbe medicato una ferita a Clara, causata da chi viveva in casa. L’avvocato di Erica, Marco Falavigna, è chiaro, e prende le distanze dalla dinamica omicidiaria, data per certa dalla Procura: “Della signora Clara si sa solo che è scomparsa”.
Clara aveva una certa età, può darsi che ci fosse un principio di demenza senile, ma ogni 2 del mese pagava i debiti accumulati nel corso del mese con il tabacchino e il bar – dove ci dicono bevesse tanti caffè e una grappa a settimana. Ma che bevesse o non bevesse, alla fine è ininfluente, perché anche se fosse stata ubriaca, non si sarebbe allontanata da casa: lei dopo avere chiesto le candele all’amica Rosa tornava a casa. Si è parlato dei suoi amori, e anche la sera del litigio alla sua amica lei dice: “Sono in fuga verso il mio amore”, forse una sua vita immaginata per fuggire dalle tensioni di quella casa, che erano tutte reali. Le case parlano più di chi le abita: e da come è strutturata la camera si vede che Clara viveva una vita autoemarginandosi.
La camera di Clara e i suoi soldi
Nella sua camera, grande quanto una cabina armadio finestrata e senza una porta (c’è una tenda), c’è un frigorifero, dove teneva il cibo che non scaldava nello spazio comune della cucina, una sua macchinetta del caffè, un rosario, un’immagine di Papa Giovanni, una scrivania e un armadietto, una finestra che dà sul cortile e sull’argine del fiume Adige. L’ultima foto in famiglia, di fronte a una tavola imbandita, è del 2020. Quella sera, però, dopo avere chiesto le candele ai vicini, torna a casa, ed è la stessa Erica a mandare un messaggio di conferma alla sua amica Rosa, preoccupata. Da quel momento nessuno la vede più. Il suo cellulare si spegne tra la notte dell’8 e il 9 (E come avrebbe potuto ricaricarlo, senza corrente?).
Si è parlato anche dei soldi di Clara: ha sempre lavorato, tutta la vita, tra risaie, fabbriche, produttori di scarpe, e ha fatto anche la badante. Non ha mai chiesto niente a nessuno, ed è per questo che quella bolletta non pagata la angosciava almeno da quindici giorni prima che sparisse. E negli ultimi giorni era cupa al bar, ci dicono. Col lavoro aveva certamente accumulato un tesoretto in nero, e in bianco aveva una pensione di 680 euro, con cui ha aiutato e sostenuto le persone che vivevano con lei. Ma il giorno in cui scompare sul conto non c’erano soldi, e i prelievi erano bloccati (lo dice lei stessa a un amico quel martedì).
Lei era generosa “come pochi”, dice Marco, il suo amico del bar. Offriva da bere, e prestava pochi soldi se le veniva chiesto. Nella denuncia della figlia si dice che si fosse allontanata con 1500 euro, ma è probabile che se avesse avuto quei soldi avrebbe pagato la bolletta. E poi la stessa figlia Marta ritratta, dicendo che ha ricevuto una informazione sbagliata da Mattia.
Il fratello, la cognata, la figlia Marta e l’altra nipote Alice sono increduli. Proprio lei scrive un appello su Facebook: “Mi rivolgo a chiunque abbia ucciso o fatto del male a questa donna, che sia stato per volontà o per sbaglio, abbiate il coraggio: guardatela negli occhi ormai è cosa fatta, non si torna indietro. Non sono qui per emettere sentenze non sono la legge, non sono neanche Dio per giudicare, ma arrivati a questo punto vi chiedo pietà per un corpo di 40 giorni che ha diritto umanamente ad una dignitosa sepoltura, le risposte ce le darà poi chi di dovere… ma noi familiari rivogliamo quel corpo, ci appartiene …. Non mi rivolgo alla vostra coscienza perché non l’avete ma abbiate pietà e rispetto fatecelo trovare ve lo chiediamo perché siamo allo stremo.”
Oggi si cerca un corpo. E la verità.