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Omicidio Saman Abbas

“Saman Abbas uccisa perché voleva vivere la sua vita”: le motivazioni della sentenza per i genitori

La Corte d’Assise d’Appello di Bologna ha fornito le motivazioni della sentenza con la quale il 18 aprile scorso furono condannati all’ergastolo i genitori e i cugini di Saman Abbas. “I genitori non si opposero alla determinazione del clan familiare di uccidere la 18enne. Non sono esecutori materiali, ma hanno avuto un ruolo nell’organizzazione del delitto”.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Saman Abbas
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Sono state rese note poco fa le motivazioni della sentenza della Corte d'Assise d'Appello di Bologna che lo scorso 18 aprile ha condannato all'ergastolo i genitori e i cugini di Saman Abbas, la 18enne uccisa dopo essersi opposta a un matrimonio combinato. Allo zio Danish Hasnain, invece, erano stati dati 22 anni di reclusione.

Secondo i giudici, i genitori di Saman non si sarebbero opposti al "volere del clan familiare di uccidere la 18enne", inducendo perfino la ragazza a uscire di casa nel momento previsto per l'esecuzione. La giovane, si legge nella sentenza, è stata indotta a percorrere la strada a margine del quale la aspettavano i suoi carnefici. I genitori, per questo, sarebbero stati autori del delitto, seppur non esecutori materiali.

In 450 pagine, la Corte ha escluso che l'esecutrice materiale dell'omicidio di Saman possa essere stata la madre Nazia perché, dopo aver raggiunto il marito, è tornata da sola davanti casa dopo solo 53 secondi. Saman sarebbe stata lasciata con i suoi carnefici e l'esiguità di tale lasso temporale, oltre che l'aspetto composto e ordinato di Nazia, indicano che in quegli istanti la 18enne stava lottando per la vita contro i suoi assassini materiali. Tra questi, secondo quanto scrive la Corte, non vi sarebbe stata la madre.

Nazia Shaheen era latitante dal primo maggio del 2021, il giorno dopo l'omicidio della giovane. La donna è stata arrestata nel maggio del 2024 ed è successivamente stata estradata in Italia il 22 agosto dello scorso anno.

Shaheen era fuggita in Pakistan con il marito nel maggio 2021 e l'uomo, Shabbar Abbas, fu arrestato in Punjab a metà novembre 2022. Fu estradato in Italia dopo un lungo iter giudiziario e qui è stato sottoposto a processo, al termine del quale è stato condannato all'ergastolo.

Il padre e la madre della 18enne, secondo i giudici, hanno avuto un ruolo chiave nell'omicidio della figlia, accompagnandola a morire. Il clan familiare, si legge nella sentenza, "non sopportava il desiderio di autonomia di Saman". "La determinazione omicida è stata assunta dal clan con fredda lucidità e programmata per un congruo lasso di tempo – scrivono i giudici -. Ritenevano insopportabile che la 18enne avesse deciso di vivere liberamente la propria vita, non in sintonia con i valori etici e il credo religioso della famiglia".

Il fratello minore di Saman, testimone principale del processo, alla fine ha fornito "una ricostruzione articolata, coerente e credibile degli eventi quantomeno nel loro nucleo essenziale" secondo i giudici. Il ragazzo aveva accusato i suoi stessi familiari e si era costituito parte civile contro di loro. Se per la Corte di assise di Reggio Emilia la sua era una voce non attendibile, per i giudici di appello si è "delineata una figura di giovane ragazzo che vive in un Paese che non sente come il suo, quasi esclusivamente all'interno di un microcosmo costituito dal proprio clan familiare che improvvisamente viene privato della propria sorella, certamente un punto fermo affettivo per lui". La sua posizione è "di assoluta estraneità al concerto criminoso".

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