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Rimandata decisione su caso Unabomber, rilevati reperti contaminati. Il Dna scagiona Zornitta: “Dimenticatemi”

Dopo l’incidente probatorio odierno, gli atti della nuova inchiesta su Unabomber, l’attentatore che tra il 1994 e il 2006 terrorizzò il Nord Est e l’Italia intera, sono tornati alla Procura che dovrà stabilire come procedere. Due soggetti avrebbero contaminato i reperti analizzati nella superperizia presentata in aula oggi. Gli inquirenti dovranno decidere se rendere noti i loro nomi o se chiedere l’archiviazione. Il Dna scagiona gli 11 indagati.
A cura di Eleonora Panseri
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Gli investigatori sul luogo in cui venne trovato uno degli ordigni di Unabomber.
Gli investigatori sul luogo in cui venne trovato uno degli ordigni di Unabomber.

Non si è conclusa oggi, lunedì 20 ottobre, la nuova inchiesta su Unabomber, l'attentatore mai identificato che tra il 1994 e il 2006 ha terrorizzato il Nord Est e l'Italia intera.

Al termine dell'incidente probatorio, tenutosi davanti alla giudice per le indagini preliminari di Trieste Flavia Mangiante, gli atti sono tornati alla Procura che dovrà stabilire come procedere.

Infatti, si è aperto il nodo sui nomi dei due soggetti che avrebbero contaminato i reperti raccolti dagli investigatori e analizzati nella superperizia da 300 pagine e 10 mila allegati presentata in aula oggi.

Gli inquirenti dovranno decidere se renderli noti o se chiedere l'archiviazione. A giudizio delle difese, si tratta di operazioni che richiederanno comunque alcuni giorni. I reperti hanno fornito 5 diversi profili genetici utilizzabili per una futura eventuale inchiesta sulla vicenda.

Il Dna estratto, a parte due peli di agenti di polizia giudiziaria, come era già stato anticipato settimane fa, non corrisponde a nessuno degli 11 indagati, né degli investigatori e dei cittadini che hanno manipolato gli ordigni disseminati dal bombarolo che ha ferito decine di persone, alcune gravemente.

Al termine dell'incidente probatorio l'avvocato Maurizio Paniz, difensore dell'ingegnere friulano Elvo Zornitta che dal 2004 al 2009 è stato il principale indiziato, ha affermato che "nessuno degli indagati può essere oggetto di approfondimenti ulteriori perché è esclusa una qualsiasi loro compatibilità con le indagini".

"È emerso, con assoluta certezza, che vi è stata una contaminazione dei reperti, da parte di due soggetti che sono stati ulteriormente esaminati dai consulenti. Ora voglio sapere i nomi di questi due soggetti. Voglio andare a fondo su questo aspetto perché non possiamo dimenticare quello che è successo in passato", ha aggiunto il legale.

"Non possiamo dimenticare che l'ingegner Zornitta si è visto rovinati 20 anni di vita". All'udienza erano presenti gli avvocati degli indagati, di alcune vittime e i consulenti incaricati di redigere la superperizia, Giampietro Lago ed Elena Pili, che hanno avuto il compito di dettagliarla.

Nel corso dell'incidente probatorio odierno si è appreso che l'indagine è stata allargata a 63 persone, senza giungere ad alcuna corrispondenza del Dna con gli 11 indagati.

Secondo le difese, si sarebbe dovuta comunicare l'estraneità delle persone indagate originariamente appena emersa e non dopo 18 mesi, "evitando patimenti e spese di consulenze e legali ingenti".

"Adesso dimenticatemi", ha detto Zornitta, dopo la sua definitiva uscita dall'inchiesta. "Non ne posso più di questa vicenda – ha aggiunto -, È stato un incubo lungo oltre 20 anni. Ma ora basta: almeno la vecchiaia permettetemi di trascorrerla in pace con la mia famiglia, guardando negli occhi, senza paura, le persone che incontro".

"Anche in questa seconda inchiesta la parola umanità resta sconosciuta: ci hanno fatto soffrire 18 mesi in più del lecito, ma si rendono conto che dietro le inchieste ci sono delle persone con le loro famiglie?", ha aggiunto.

"Famigliari che hanno sofferto quanto e forse più di me – ha ricordato -: devo tutto a mia moglie e a mia figlia, uniche ragioni di vita in quel periodo drammatico della mia vita. Capisco che c'era la necessità di portare a termine un'opera scientifica mastodontica e ringrazio i periti del loro lavoro egregio, ma penso che qualcosa nell'ordinamento vada modificato".

"Diciotto mesi possono sembrare un soffio per chi conduce una normale esistenza, ma per chi è stato nuovamente indagato come possibile Unabomber, dopo che un tribunale aveva accertato la manomissione delle prove a mio carico, sono un'eternità, un tempo infinito, un periodo in cui ti trovi sospeso sull'abisso, pur sapendo di non aver mai fatto nulla".

E ha concluso: "Da quando mi sono sottoposto al test del dna, due anni fa, considerati i precedenti che ho subito e che mi hanno rovinato la vita, ho contato i giorni che mi separavano da oggi".

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