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Covid 19

Rezza: “Vaccino anti-Covid andrà anche a chi si è già ammalato”

Giovanni Rezza, direttore generale della Prevenzione al ministero della Salute, spiega che il vaccino anti-Covid dovrà essere fatto a tutti, anche a chi ha già contratto la malattia. Al massimo, secondo Rezza, si può valutare se a parità di condizioni sia giusto o meno dare priorità a chi non è stato a contatto col virus in passato.
A cura di Stefano Rizzuti
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Il vaccino va fatto, almeno per ora, anche a chi si è già ammalato ed è stato già contagiato dal Covid-19. A dirlo è Giovanni Rezza, direttore generale della Prevenzione al ministero della Salute, durante la conferenza stampa per la presentazione dei dati del monitoraggio settimanale. Rezza risponde a chi gli chiede se ritiene giusta l’ipotesi avanzata da Giuseppe Ippolito, dello Spallanzani di Roma, di evitare di vaccinare chi si è già infettato. Rezza spiega che, a suo parere, “Ippolito intendesse dire che in un primo momento forse vaccinerebbe persone che non hanno contratto la malattia, perché hanno una probabilità di essere immuni. Non c’è un’evidenza che ci dica che chi è stato infetto non possa fare dopo il vaccino. In teoria chiunque può fare il vaccino”.

Per chi ha già contratto la malattia, quindi, non ci sarà una controindicazione per il vaccino. Quindi Rezza fa un esempio concreto per spiegare cosa intende: se si dovesse scegliere quali operatori sanitari vaccinare prima, a suo parere avrebbe senso dare priorità a chi non ha già contratto l’infezione. Ma questo non vuol dire che non debbano essere vaccinati tutti gli italiani, anche coloro i quali hanno già contratto la malattia, come spiega Rezza durante la conferenza stampa.

Rezza risponde anche a un’altra domanda riguardante l’ipotesi di vaccinare prima i giovani degli anziani, considerando i giovani coloro i quali possono trasmettere più facile il virus, consentendo una sua maggiore circolazione. Questa opzione viene considerata valida sulla base dell’esperienza del vaccino influenzale, che viene però ritenuto da Rezza ben diverso da quello contro il Coronavirus: “Con l’influenza sappiamo che ci sono gruppi di età che sostengono l’epidemia, soprattutto nell’ambito scolare, poi gli studenti li portano dentro le case. Quindi abbiamo dei target ben identificati. Negli Stati Uniti tendono a vaccinare i bambini perché dicono se blocchiamo la circolazione il virus non lo portano dentro casa. Nel caso del Covid abbiamo bisogno di più dati per sapere se proteggeranno dalla malattia e anche dall’infezione, non abbiamo identificato dei gruppi di popolazione che sostengano l’epidemia”.

Rezza spiega che quindi “non possiamo adottare in questo momento la protezione indiretta. Motivo per cui si dà priorità a chi è più esposto e le persone anziane, perché più a rischio, una scelta di protezione diretta condivisa a livello internazionale”. Infine, il direttore del dipartimento Prevenzione del ministero conclude: “Quando saranno disponibili più vaccini e si vedranno che sono più adatti alle persone anziane o che proteggono dall’infezione e non solo dalla malattia, allora ci potrà essere una strategia vaccinale differenziata”.

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