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Quali sono le regioni in cui le terapie intensive sono sopra la soglia critica

Il tasso di occupazione dei posti letto ha raggiunto il 29 per cento in tutta Italia (un livello sotto la soglia di allerta) e la situazione è difficile in undici regioni (in particolare in Umbria) “Di cannibalizzazione dei pazienti Covid negli ospedali” ha parlato il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta.
A cura di Biagio Chiariello
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La situazione dei posti letto disponibili terapia intensiva si sta complicando non poco in Italia. In diverse regioni oltre il 30% dei reparti è occupato dai malati di Coronavirus in gravi condizioni. Come è noto, la percentuale è la soglia di allerta fissata dal ministero della Salute  ed attualmente il dato a a livello nazionale è fermo al 29% (quindi appena un punto sotto il limite che se superato porta a significative difficoltà nel poter assistere ad altri pazienti non Covid). Ad oggi, 8 marzo, sono ben 11 le regioni che lo superano. Un numero che emerge dal monitoraggio realizzato dall'Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) che mostra, come rispetto ai dati di inizio mese, vi sia un aumento del 4% a livello nazionale e due regioni in più oltre soglia.

Quali sono le regioni in cui le terapie intensive sono sopra la soglia critica

Le 11 regioni che superano il 30% sono le seguenti: Abruzzo (40%), Emilia Romagna (37%), Friuli Venezia Giulia (33%), Lombardia (40%), Marche (42%), Molise (49%), PA di Bolzano (38%), PA di Trento (53%), Piemonte (32%), Toscana (34%), Umbria (58%). Per quanto riguarda invece i posti occupati da pazienti Covid nei reparti ospedalieri di malattie infettive, pneumologia e medicina generale, la quota nazionale sale al 33%, ancora sotto la soglia critica del 40%, ma 3 punti percentuali in più rispetto ai dati del primo marzo. In questo caso, la soglia critica viene superata da 7 regioni, ovvero 2 in più rispetto a una settimana fa: Abruzzo (43%), Emilia Romagna (45%), Lombardia (44%), Marche (52%), Molise (43%), Piemonte (40%) e Umbria (50%).

Cannibalizzazione dei pazienti Covid negli ospedali

"Di cannibalizzazione dei pazienti Covid negli ospedali" ha parlato ai microfoni de “L’Italia s’è desta” il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta. “Quella calma piatta apparente iniziata il 20 gennaio è finita il 16 febbraio. Da due settimane la curva ha cominciato a risalire. Il numero dei casi in sé non ha importanza, ma, dal punto di vista statistico, a parte piccolissime variazioni regionali, abbiamo osservato che all’incirca ogni 100 casi positivi 5 vanno in ospedale e 0,5 vanno in terapie intensiva. Quindi – dice  illustrando la situazione nazionale – nonostante abbiamo un tasso del 28% nella saturazione delle terapie intensive a livello nazionale, in alcune regioni sono ben oltre la soglia del 30%. Quanto più gli ospedali si riempiono, tanto più tolgono spazio a pazienti con altre patologie. Si verifica, cioè, la cosiddetta ‘cannibalizzazione’ dei pazienti covid negli ospedali. L’impatto sulla salute delle persone non dipende soltanto dalla malattia covid, ma anche dal sovraccarico degli ospedali che questa comporta. A questo si aggiunga la carenza del personale: adesso paradossalmente in alcune regioni chi si occupava di tracciamento e di tamponi, oggi si occupa di vaccini. Questi sono aspetti importanti con cui necessariamente dobbiamo fare i conti e con cui la politica deve parametrare restrizioni e riaperture”.

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