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backstair / Shalom, la comunità degli orrori

Preghiere per curare l’anoressia, psicofarmaci “come in famiglia”: la difesa di Shalom e Suor Rosalina

Suor Rosalina Ravasio ha convocato una conferenza stampa in cui replica alle denunce di Fanpage.it attaccando l’inchiesta e sostenendo la validità del metodo applicato dentro la struttura.
A cura di Backstair
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Dopo l’inchiesta di Backstair in cui si denunciano maltrattamenti, violenze e umiliazioni dentro la comunità Shalom di Palazzolo sull’Oglio, la fondatrice e responsabile Suor Rosalina Ravasio, ha convocato una conferenza stampa all'interno della struttura.

Ai giornalisti di Fanpage.it in un primo momento è stato negato l’ingresso per ordine della suora, che in conferenza stampa giustifica la scelta affermando: “Non vi abbiamo fatto entrare perché siete entrati con la menzogna”, nonostante si fossero identificati con il tesserino giornalistico.

“Non ho bisogno di mentire per mangiare”, esordisce la suora, prima di replicare per circa 45 minuti a quanto denunciato nell’inchiesta, attaccando ripetutamente la giornalista infiltrata e quanto denunciato da Fanpage.it.

Gli episodi dell’inchiesta

Gli insulti per insegnare a non insultare

Alla suora viene chiesto a quale metodo terapeutico facessero riferimento gli insulti nei confronti degli ospiti documentati nei video in cui si sentono consacrate e vecchie insultare le ospiti. “Quando vengono portati in comunità, – spiega – gli ospiti ricoprono di insulti i genitori, i medici, gli psicologi. E normalmente quando entrano dobbiamo intervenire perché devono imparare il rispetto nei confronti dei genitori e dei medici. ‘Merda’ è definito il male, e in comunità impareranno a chiamare merda non i genitori. E quando uno è violento, perché le violenze ci sono ma sono tra i ragazzi che discutono, non possiamo impedire che si attacchino. Un pochino di cervello!”. Alla suora viene chiesto se quanto affermato dagli ex ospiti sia tutto falso e, se mentono tutti, perché lo fanno: “Se lei è un po’ esperto di comunità, – risponde – sa che nessun ragazzo che scappa dice la verità, se non altro per giustificarsi”.

La preghiera per curare l’anoressia

Rispetto alla terapia adottata in comunità per curare il disturbo alimentare dell'anoressia, la suora lascia la parola a una delle sue ospiti, entrata in comunità proprio per via di questa patologia. “Sono stata ricoverata in ospedale e pesavo 39 chili, quando sono uscita uno psichiatra mi ha dato 18 farmaci al giorno, non ero più io. Dall’anoressia sono passata alla bulimia, poi sono arrivata anche all’autolesionismo”. La ragazza si aggancia alla domanda sulla preghiera e risponde che se si è salvata è stato grazie alla preghiera: “Avevo l’assenza di Dio dentro. Quando sono arrivata mi hanno detto che questa è una comunità cristiana, in cui si prega. Suor Rosalina per me è una seconda mamma. La terapia che ha usato per me: nessun farmaco, mi è testimone il Signore. È stato attraverso la preghiera e la fatica, perché solo con la fatica si può ottenere qualcosa che dura nel tempo e che ti resta dentro. Quando una persona vive nella menzogna, nell’invidia e si mette al posto di Dio è difficile cambiare, ci vuole tempo e pazienza. E chi ha avuto pazienza è stata Suor Rosalina. Oggi vivo nella verità”.

“La carriola riconosciuta a livello mondiale”

Alla domanda su quale fondamento scientifico si basino le punizioni, documentata dall’inchiesta, della carriola con i sassi, la privazione del sonno e la terapia dell’urlo, Suor Rosalina risponde che “la terapia dell’urlo appartiene a un famoso studio tedesco”. Di quale studio si tratta? Chiede la giornalista di Fanpage.it, Suor Rosalina risponde: “Adesso non ricordo, ma cerca un po’ anche te, che io ho troppo da fare. Però c’è! Mi pare che fosse molto all’avanguardia in Germania, venivano chiusi in una stanza e lo studio è molto complesso. Noi lo facciamo quando vediamo un ragazzo o una ragazza che sono arrivati già così, che non si sbloccano e non ci è mai successa una disgrazia. E allora dico ai ragazzi ‘devi parlare’, ma non parla, allora digli di urlare ‘anch’io ce la posso fare’, perché è uno sblocco”. Sulla punizione della carriola a rispondere, invece, è un ragazzo: “Guardi, io sono stato in punizione alla legna e tantissime volte ho fatto la carriola. Viene usata al fine di stancarti e di fare movimento”.

Prende la parola la suora, che spiega: “Ci sono ragazzi violentissimi. Non possiamo dargli in mano nessun oggetto, perché è in una fase psichiatrica di non relazione. Poi di notte, non sprecando nessun tipo di energia, non dormono. Sono capaci di tirar giù dal letto una ragazza! Tra l’altro a volte sono loro stessi a chiederlo. Se sono in una fase di autolesionismo virulento, non possiamo dargli uno strumento! La stanchezza gli fa fare dieci giri, e con meno farmaci, perché la stanchezza fisica aiuta”. Durante la conferenza stampa, poi, Suor Rosalina torna sulla questione e dice: “Non è che tutte fanno la carriola, vanno lì in casi speciali ed è riconosciuto a livello mondiale”.

“Restare svegli non è una punizione”

Prende la parola una delle psicologhe volontarie della comunità, la dottoressa Giovanna Rota, che risponde alle diverse questioni sollevate dalle domande: “Dovete contestualizzare, sono ragazzi difficilissimi, come arrivano qua in Shalom. I tentativi intermedi sono falliti. Siamo in presenza di una comunità pedagogica sociale atipica, con situazioni complicatissime. Se vuole ci sono anche degli studi, sulla privazione del sonno, c’è lo studio del San Raffaele del 2013 e la terapia dell’urlo è utilizzata anche in Islanda. Il metodo proposto dalla comunità, che è di ispirazione cristiana, viene messo nel consenso informato prima di entrare, quindi ognuno può decidere se restare. Non è tutto lasciato al caso”. A proposito della privazione del sonno, "sembra che sia una punizione, non viene chiesta la privazione del sonno. Il paziente se agitato viene accompagnato e sta sveglio”. Su questo punto nei filmati e nelle numerose testimonianze raccolte la privazione del sonno e fare le notti in piedi viene descritta come una vera e propria punizione, conseguente non a uno stato di agitazione, di cui parla la psicologa, ma a ribellioni di vario tipo.

La somministrazione dei farmaci come in famiglia

A proposito della somministrazione dei farmaci, che, come mostrato nell’inchiesta, viene affidata a ospiti della comunità, è sempre la dottoressa Rota a rispondere: “La comunità Shalom è una comunità atipica, di sfondo sociale, che ha un’autorizzazione a procedere, non di accreditamento, in seguito a una ricerca dell’Università di Verona – che non è cattolica – sui suoi metodi. Non è una comunità sanitaria”. Di fronte all’insistenza sulla distribuzione portata avanti da soggetti non autorizzati a farlo, Suor Rosalina risponde: “Ma scusa, in famiglia danno i farmaci? Sì. Nelle case famiglia è legale, è dovere istituzionale la prescrizione del medico, ci vuole un piano terapeutico. Però nelle case famiglia è autorizzata l’autoassunzione”.

La suora nega di allontanare i figli dalle madri per punizione

Secondo diverse testimonianze, una delle punizioni inflitte a chi ha dei figli è quella di separarli dalle madri anche per settimane. Di fronte a questa domanda, Suor Rosalina, dopo aver detto alla giornalista che “fatica a spostare il cervello”, risponde che “i figli sono già stati portati via prima di entrare in comunità, in alcuni casi, quelli rimasti, rappresento una scena: quando una mamma non sorregge la continuità affettiva del figlio, prende il bicchiere, lo spacca per terra e mangia il vetro e fa stare lì la bambina. Ma che cosa sta dicendo? Imparate l’onestà”.

Come ha ottenuto l’autorizzazione dalla Asl? “Non ho tempo”

Gli studi a cui fanno spesso riferimento Suor Rosalina Ravasio e i suoi collaboratori per sottolineare la validità del metodo utilizzato da Shalom sono un rapporto dell’Università di Verona del 2008 e uno del 2014 dell’Università salesiana di Roma. In entrambe le pubblicazioni compare il nome di Angelo Lascioli, volontario di Shalom di lunga data e “responsabile della progettazione pedagogica della comunità”. La giornalista di Fanpage.it chiede se non sia un conflitto di interessi: “Angelo Lascioli ha tre lauree, come i giornalisti si possono fregiare di essere degli esperti, perché dovrei farmi dei problemi, signorina cara?”. Sulla possibilità di far entrare un’università diversa dentro Shalom per una nuova ricerca, suor Rosalina risponde che “molti studenti che non conoscevano la comunità hanno fatto le tesi, 110 e lode in psicologia, sul metodo educativo”.

Quando alla suora viene chiesto dell’autorizzazione della Asl di Brescia ottenuta proprio sulla base del rapporto dell’Università di Verona del 2007, la responsabile di Shalom risponde: “Perda tempo ad andare a cercarsela, non ho tempo”.

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