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Positività al coronavirus non vuol dire ammalarsi: la differenza tra positivi asintomatici e malati

Come sottolineato dal viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri, non tutte le persone positive al tampone faringeo risultano malate, e la stragrande maggioranza di esse “non si ammalerà e molto probabilmente, quando verrà ripetuto il tampone, si negativizzerà”. Ecco qual è la differenza tra contagiato, malato e asintomatico.
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A cura di Andrea Centini
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Nel momento in cui stiamo scrivendo, in Italia si registrano oltre 374 persone contagiate dal nuovo coronavirus emerso in Cina (SARS-CoV-2). Fra esse risultano esservi anche alcuni minori, ma nessuno di loro versa in gravi condizioni: l'infezione scaturita dal patogeno, chiamata COVID-19 dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, sembra infatti manifestarsi raramente e in modo lieve fra i più piccoli (fascia di età tra 0 e 9 anni). Le vittime italiane accertate sono invece 12, tutte persone anziane e con serie patologie pregresse (comorbidità). Alla luce di questi numeri, è doveroso fare alcune distinzioni, perché non tutte le persone contagiate sono malate, presentano sintomi e richiedono assistenza medica. Nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, il coronavirus determina sintomi molto lievi che spariscono spontaneamente, come per una comune sindrome influenzale.

Differenza tra l'essere positivi e malati

Per determinare se una persona è stata contagiata dal coronavirus si esegue il tampone faringeo, un test che in Italia dalla data odierna verrà effettuato soltanto sui pazienti che presentano sintomi ascrivibili all'infezione COVID-19. Come riportato in due studi pubblicati sull'autorevole rivista scientifica The Lancet, i sintomi della patologia sono principalmente tosse secca, febbre, mal di gola e difficoltà respiratorie; più raramente possono palesarsi anche problemi gastrointestinali come la diarrea. Una volta eseguito il tampone faringeo, attraverso il quale si preleva materiale biologico dalla faringe con un bastoncino cotonato, sarà un laboratorio analisi a determinare la positività o la negatività al virus. Questo procedimento si effettua con una tecnica chiamata “reazione a catena della polimerasi” (PCR), grazie alla quale è possibile far emergere il profilo genetico di un patogeno – come quello coronavirus – riscaldando il campione biologico presente nel tampone. Se il tampone dà esito positivo, la persona risulta essere contagiata dal coronavirus. Ma come ha spiegato il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri a Radio Anch'io su Rai Radio1, “essere positivi al tampone non vuol dire essere malati, anzi la stragrande maggioranza di quelli risultati positivi non si ammalerà e molto probabilmente, quando verrà ripetuto il tampone, si negativizzerà”. Insomma, un contagiato non è un malato, e non è detto che lo diventerà. Certo, potrebbe manifestare i sintomi in un secondo momento, ma come spiegato da Sileri ciò non avverrà per la maggior parte delle persone che risultano positive al coronavirus dopo il tampone faringeo.

Chi sono gli asintomatici

Un soggetto asintomatico è una persona positiva al tampone (quindi contagiata) che tuttavia non manifesta i classici sintomi dell'infezione respiratoria, come appunto tosse e/o febbre. È noto per la COVID-19 che anche gli asintomatici possono trasmettere la patologia, ma come spiegato a fanpage dal professor Fabrizio Pregliasco, virologo dell'Università degli Studi di Milano, “è possibile ma con minore efficacia e minore probabilità”. “Il virus nella maggior parte dei casi è asintomatico, nell'85 percento dei casi i sintomi sono minimi o inesistenti, in pochi casi è necessario il ricovero in ospedale e in pochissimi in terapia intensiva”, ha aggiunto Sileri a Radio Anch'io, ribadendo la tenuità della COVID-19 in quasi tutti i pazienti.

Focolai in Italia inevitabili

La virologa Ilaria Capua ha dichiarato a fanpage che alcuni sono stati troppo ottimisti pensando di poter bloccare in Cina un virus altamente trasmissibile come SARS-CoV-2. “Abbiamo creduto che la Cina, con le misure draconiane che ha messo in atto, potesse tenersi tutto il contagio”, ha dichiarato la specialista. Ormai il virus è arrivato e “dobbiamo fare il più grosso sforzo di responsabilità collettiva della nostra Storia” per provare limitarne la diffusione al di fuori dei focolai epidemici individuati. Uno dei rischi principali è per la produttività del Paese, nel caso in cui un grande numero di persone venisse contagiato contemporaneamente.

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