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Opinioni

Perché vietare la maternità surrogata non c’entra nulla coi diritti delle donne

Il dibattito sulla maternità surrogata vive un momento di confusione, con proposte di legge che minano un dibattito che andrebbe affrontato seriamente.
A cura di Jennifer Guerra
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(Clemens Bilan/Getty Images)
(Clemens Bilan/Getty Images)

All’inizio del conflitto in Ucraina aveva fatto scalpore la notizia delle madri surrogate intrappolate nel Paese, nell’incertezza di cosa sarebbe successo a loro, ai bambini che stavano per nascere e alle famiglie che li aspettavano. L’Ucraina, Paese in cui la gestazione per altri (gpa) commerciale è legale solo per le coppie eterosessuali, è una delle principali mete a cui le coppie che vogliono un figlio si rivolgono e si stima che ogni anno dai 2000 ai 2500 bambini nascano tramite la surrogazione di maternità.

Proprio alla luce di quegli eventi, dopo aver già depositato un disegno di legge in Senato, la Lega ha depositato anche in Cassazione una proposta di legge di iniziativa popolare per introdurre il divieto di maternità surrogata, non solo in Italia ma anche all’estero. “Il testo vuole introdurre nel Codice Penale una nuova fattispecie di reato per contrastare la pratica, sanzionando chi, in qualsiasi forma, la commissiona, realizza, organizza o pubblicizza”, ha spiegato la responsabile del Dipartimento famiglia della Lega Simona Baldassarre. Il partito ha annunciato che presto comincerà la campagna per raccogliere le 50mila firme necessarie a far avanzare l’iter legislativo in Parlamento. La legge depositata in Senato prevede di inserire un nuovo comma nella legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, prevedendo la reclusione fino a cinque anni e una multa fino a due milioni di euro per la surrogazione di maternità.

L’iniziativa della Lega non è nuova: Salvini, da sempre contrario a quello che chiama impropriamente “utero in affitto”, dice di aver presentato la legge con il supporto di “tante associazioni che si occupano di famiglia”. Quale sia la natura di queste associazioni, non è difficile da capire: da anni si è consolidato un sodalizio tra gli ambienti antiabortisti e anti-scelta e la Lega, e Salvini in persona è stato ospite del controverso Congresso delle famiglie di Verona nel 2019, la convention della galassia pro-life internazionale. Da tempo, questi gruppi spingono per la creazione di un “reato universale” di surrogazione della maternità, capace di scavalcare le giurisprudenze nazionali.

La gpa, infatti, gode di uno statuto molto diverso nelle varie zone del mondo: in Ucraina, come si diceva, è consentita anche a fronte di una retribuzione solo alle coppie eterosessuali; in Grecia è legale sin dal 2002 alle coppie eterosessuali o alle donne single che devono dimostrare di non poter avere figli; in India, è legale sia in forma commerciale che altruistica per tutti i cittadini indiani, mentre per chi viene dall’estero è consentita solo in forma altruistica, cioè senza la previsione di un compenso per la gestione. Con leggi così specifiche e soprattutto diverse da Paese a Paese, la pretesa di scavalcare le norme nazionali e sanzionare “universalmente” una pratica consentita all’estero secondo un proprio sistema di valori – più o meno condivisibile, ma che resta comunque nell’ambito delle convinzioni personali – sembra quantomeno assurda.

Eppure, Salvini non è solo in questa battaglia: Giorgia Meloni ha depositato una proposta di legge simile nel 2018, che ha rilanciato dopo che il Tribunale di Milano ha trascritto l’atto di nascita di un bambino nato negli Stati Uniti da maternità surrogata ad aprile dello scorso anno e approvata dalla Commissione Giustizia. E proprio in questi giorni alla Commissione Giustizia del Senato si discute invece la proposta di legge di Mara Carfagna, della stessa impostazione.

Si tratta di leggi molto problematiche. Innanzitutto, ci sono problemi di natura giurisprudenziale: le proposte di legge avanzate non fanno alcuna distinzione tra la surrogazione altruistica (fatta cioè senza alcun compenso per la gestante) e quella commerciale. Inoltre, come ha spiegato la segretaria dell'Associazione Luca Coscioni Filomena Gallo durante l’audizione in Senato sul ddl Carfagna, per come è formulata “occorrerebbe […] che il fatto in questione sia punibile sia in base alla nostra legge penale sia a quella straniera”. Come si è detto, però, esistono molti Paesi in cui la surrogazione di maternità è legale: come ci si comporterebbe in questi casi?

Non è infine chiaro quale sia il destino dei figli nati da una gpa illecita: né le proposte di Carfagna e Meloni lo specificano, mentre la proposta della Lega prevede siano dati in adozione. Si tratterebbe di una grave violazione, che rivela il sottotesto ideologico di queste leggi: se l’obiettivo è combattere, nelle parole di Salvini, “la donna usata come oggetto e i bimbi venduti come merce”, è davvero difficile capire come togliere un bambino sia alla famiglia adottante sia alla gestante per darlo in adozione a una terza coppia, con la quale non intrattiene alcun legame biologico, non ricada nei due casi citati dal leader della Lega.

E in effetti basta ascoltare le parole con cui Salvini ha illustrato ai giornalisti riuniti davanti alla Corte di Cassazione il suo disegno di legge: ha parlato di una pratica aberrante, in cui i bambini vengono venduti come oggetti e le donne sono ridotte in schiavitù, come se non esistesse la minima possibilità che quella di prestarsi alla pratica sia una scelta. Ha inoltre ripreso il paragone che già Baldassarre aveva fatto lo scorso dicembre, quando disse: “Qualcuno ci aveva provato a selezionare la razza, i bambini biondi, l'occhio azzurro, a me certe pratiche ricordano il nazismo, sono 6 miliardi di business”. Si tratta di toni allarmistici che non sono degni della complessità dell’argomento e che servono solo a imporre le proprie convinzioni morali addirittura al di fuori dai confini nazionali.

Al di là di come la si pensi sulla gpa, questa generalizzazione è esattamente il contrario di ciò di cui ha bisogno il dibattito sul tema, che anzi dovrebbe essere condotto con onestà intellettuale e nel rispetto dell’autonomia decisionale di ciascun soggetto in gioco. Altrimenti, più che proteggere le donne, sembra che il vero scopo di queste proposte di legge sia solo dimostrare di avere ragione.

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Jennifer Guerra è nata nel 1995 in provincia di Brescia e oggi vive in provincia di Treviso. Giornalista professionista, i suoi scritti sono apparsi su L’Espresso, Sette, La Stampa e The Vision, dove ha lavorato come redattrice. Per questa testata ha curato anche il podcast a tema femminista AntiCorpi. Si interessa di tematiche di genere, femminismi e diritti LGBTQ+. Per Edizioni Tlon ha scritto Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà (2020) e per Bompiani Il capitale amoroso. Manifesto per un Eros politico e rivoluzionario (2021). È una grande appassionata di Ernest Hemingway.
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