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Opinioni
Cambiamenti climatici

Perché un grado di riscaldamento globale basta a stravolgere il mondo

Da quando siamo bambini abbiamo imparato che uno o due gradi di aumento di temperatura corporea ha effetti impossibili da ignorare. Nonostante il paragone tra febbre e riscaldamento globale delle temperature sia impreciso, aiuta a spiegare perché un innalzamento anche minimo delle temperature ha effetti così grandi. E superati i 2° nessuno sa esattamente quali potrebbero essere le conseguenze per il pianeta, e per noi che lo abitiamo.
A cura di Fabio Deotto
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Foto: Twitter @AT_Brif
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C’è una cosa che impariamo alla svelta fin da bambini, e cioè che la febbre, quella condizione che sviluppiamo in seguito a un’infezione batterica o virale, non corrisponde solo a un aumento di temperatura. Certo, se ci limitiamo a considerare i valori che leggiamo sul termometro, qualche grado in più può sembrarci irrilevante, ma tutti per esperienza sappiamo che quell’aumento di temperatura comporta cambiamenti impossibili da ignorare: oltre alla sensazione di caldo corporeo, registriamo un incremento della frequenza cardiaca e respiratoria, abbiamo mal di testa, ci fanno male i muscoli, per non parlare dell’agitazione etc.

Un’altra cosa che sarà capitato a tutti di sperimentare, è di sedere a tavola con uno zio negazionista, o un cugino scettico, o un’amica fatalista, che tra un boccone e l’altro cercano di liquidare la questione climatica con alcuni triti ritornelli semplificatori. Uno dei più insidiosi fa più o meno così: va bene, il pianeta si è riscaldato di 1,1 gradi centigradi rispetto al periodo pre-industriale, ma com’è possibile che un solo grado basti a creare ricadute così pesanti?

È una domanda lecita, che molte persone si pongono, è quindi fondamentale rispondere in modo chiaro. Molti, in questi casi, fanno il paragone con la febbre, E non hanno tutti i torti. Per quanto il parallelo tra febbre e riscaldamento del pianeta sia piuttosto azzardato (non fosse altro perché la febbre è un meccanismo di reazione sano, mentre il riscaldamento globale è il prodotto indesiderato dell’attività umana), aiuta a far comprendere come uno spostamento in apparenza minimo da una condizione di equilibrio possa produrre effetti di proporzioni inaspettate.

Perché un grado non è solo un grado

Siamo da poco usciti (anche se non sembra) da quella che è già stata ufficialmente archiviata come l’estate più calda di sempre: in molti luoghi del pianeta la tacca del massimo storico è stata alzata, a volte di diversi gradi in un colpo solo: pensiamo ai 52,2 °C registrati nello Xinjiang cinese (+1,9 rispetto al record del 2015), o ai 46,8 gradi registrati a Valencia (+3,4 rispetto al 1986) o ai 47°C registrati a Palermo (+2,2 rispetto al 1999).

Com’è possibile, ci chiede lo zio negazionista mentre si prende le ultime patate, che simili impennate siano legate a un incremento medio che oggi non supera gli 1,2 gradi?

Innanzitutto è fondamentale comprendere che quando parliamo di riscaldamento globale di 1.2 gradi non intendiamo che le temperature siano aumentate di quel valore in ogni luogo del pianeta e in ogni momento dell’anno, si tratta di un valore medio. L’aumento locale delle temperature è tutto fuorché uniforme: è ad esempio nettamente maggiore nei continenti rispetto agli oceani (che per via dell’inerzia termica impiegano più tempo a riscaldarsi); e alcune regioni si stanno riscaldando molto più velocemente rispetto ad altre: in Italia, per dire, siamo già a 2 gradi sopra i livelli pre-industriali, mentre nelle regioni vicine all’Artico si raggiungono punte di 3,5 e 4 gradi.

Tenere d’occhio il valore di 1.2 (e di 1.5, come vedremo fra poco) è importante, ma allo stesso tempo è pericoloso, perché rischiamo di perdere di vista come il riscaldamento globale stia producendo già oggi un aumento drammatico degli eventi climatici estremi (per farsi un’idea della situazione Carbon Brief ha realizzato una mappa interattiva molto utile).

La seconda cosa da tenere a mente è che per riscaldare di un grado l’intero pianeta è necessaria una quantità di energia sbalorditiva. E non sto usando questo aggettivo con leggerezza: un recente studio ha calcolato che gli oceani hanno assorbito un’energia termica pari a quella che verrebbe rilasciata se avessimo fatto esplodere 5 bombe di Hiroshima per ogni secondo degli ultimi 25 anni. È questa energia in eccesso a causare i drammatici cambiamenti climatici che già oggi stiamo osservando.

Tra 1,5 e 2 gradi la differenza è enorme

Abbiamo visto come 1 grado di riscaldamento globale stia compromettendo gli equilibri su cui abbiamo imperniato la nostra civiltà. I sintomi di questa febbre comprendono già oggi, tra le altre cose, un aumento di eventi estremi come uragani, incendi, alluvioni, ondate di calore ed eventi siccitosi, uno scioglimento sempre più rapido di ghiacciai e calotte polari e un’acidificazione degli oceani potenzialmente letale per molte specie.

Attualmente, gli sforzi per contrastare questa tendenza puntano a un obiettivo chiaro: mantenere il riscaldamento del pianeta al di sotto degli 1,5 gradi al di sopra dei livelli pre-industriali. Questa soglia è stata fissata solo di recente (prima gli accordi puntavano a un limite di 2°), quando nel 2009 l’Alleanza dei piccoli stati insulari (AOSIS) ha fatto notare ai tavoli internazionali come un riscaldamento di 2 gradi avrebbe determinato il probabile inabissamento di molti stati-isola. Oggi, il limite di 1,5 viene comunemente indicato come soglia per mantenere questo pianeta vivibile per l’essere umano.

Attenzione, però, questo non significa che questo numero abbia una valenza scientifica intrinseca: quando (come sembra probabile) il riscaldamento globale supererà gli 1,5 gradi non scatterà nessun particolare meccanismo, né si verificherà un collasso repentino; quello che succederà, è che aumenterà di molto la probabilità di superare punti di non ritorno negli equilibri del nostro ecosistema.

Gli studi più recenti prevedono che superare questa soglia potrebbe innescare una reazione a catena che altererebbe il sistema climatico globale in modo irreversibile, rendendo le ricadute della crisi climatica ancora più letali. Il collasso della calotta glaciale groenlandese, per dire, potrebbe modificare le correnti oceaniche, andando a influire sulla distribuzione di calore in tutto il pianeta, oltre a privare il plancton dei nutrienti necessari a sottrarre anidride carbonica dall’atmosfera, esacerbando ulteriormente il problema. L’aumento delle condizioni climatiche estreme andrebbe a degradare ulteriormente le foreste pluviali, aumenterebbe il rischio di incendi e ridurrebbe la capacità di molti ecosistemi di assorbire anidride carbonica, alimentando un pericolosissimo circolo vizioso.

Quando lo zio negazionista dice che non c’è questa gran differenza tra 1,5 e 2 gradi di riscaldamento globale, non tiene conto di questo effetto a cascata e dell’esistenza di questi punti di non ritorno.

Un tavolo sempre più inclinato

Per rendere meglio il concetto, proviamo a usare un’altra metafora. Immaginate di aver costruito una città in miniatura su una grande tavola in equilibrio su quattro gambe della stessa altezza, immaginate una città vera e propria, con una rete per il trasporto privato e pubblico, sistemi di approvvigionamento idrico e energetico, edifici interconnessi in un’organizzazione complessa studiata per funzionare al meglio nelle condizioni di partenza. Ora provate a immaginare che una gamba del tavolo si alzi ogni giorno di più. Anche se questo sollevamento è lento, ben presto la città comincerà a mostrare i primi segni di malfunzionamento: il sistema idrico faticherà a trasportare acqua nelle zone sollevate, le strade si faranno più accidentate, alcuni collegamenti elettrici salteranno: a poco a poco, ma sempre più velocemente, la città inizierà a incepparsi. Finché i cambiamenti saranno tali che il sistema collasserà del tutto, con conseguenze disastrose.

Ecco: al nostro ecosistema sta succedendo qualcosa di simile. Il mondo che abbiamo imparato a considerare “normale”, con le sue dinamiche e i suoi equilibri, è il prodotto di una stabilità climatica che il riscaldamento globale sta compromettendo ogni giorno di più. Analogamente a un corpo umano febbricitante, un aumento di un grado si traduce in uno sbilanciamento dei valori a cui siamo abituati creando una situazione di malfunzionamento che si fa via via più critica a ogni piccolo incremento di temperatura. Per questo si dice che ogni decimo di grado è importante.

A fine settembre l’Agenzia Internazionale dell’Energia ha dichiarato che la finestra di tempo per mantenere il riscaldamento al di sotto degli 1,5 gradi si sta restringendo, ma viene mantenuta aperta dall’incredibile crescita delle energie rinnovabili. È fondamentale che approfittiamo di questa finestra per ridurre al minimo le possibilità che il tavolo su cui poggia la nostra civiltà si ribalti del tutto.

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Fabio Deotto è scrittore e giornalista. Laureato in biotecnologie, scrive articoli e approfondimenti per riviste nazionali e internazionali, concentrandosi in particolare sull’intersezione tra scienza e cultura. Ha pubblicato i romanzi Condominio R39 (Einaudi, 2014), Un attimo prima (Einaudi, 2017) e il saggio-reportage sul cambiamento climatico “L’altro mondo” (Bompiani, 2021).  Insegna scrittura creativa alla Scuola Holden di Torino. Vive e lavora a Milano.
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