584 CONDIVISIONI

Perché rischiamo di rimanere senza microchip anche per bancomat e carta d’identità

La crisi dei microchip, che ha già colpito il mercato delle automobili, della telefonia e della tecnologia, è un problema anche per la produzione di bancomat, carte di identità elettroniche e tessere sanitarie.
A cura di Gabriella Mazzeo
584 CONDIVISIONI
Immagine

La "crisi del microchip", iniziata a causa delle restrizioni dovute alla pandemia e alimentata dal conflitto tra Russia e Ucraina, ha travolto prima il mercato delle automobili, poi quello della tecnologia e della telefonia. La mancanza di semicondutori rischia di diventare un problema anche per la produzione di bancomat, carte di credito e carte di identità elettroniche. 

In questo momento, infatti, l'offerta non riesce più a tenere il passo della domanda: rispetto a 5 anni fa, i tempi di consegna dei chip necessari per i sistemi di sicurezza bancaria informatica si sono dilatati fino a raggiungere le 52 settimane (contro le 27 settimane pre-pandemia).

L'inizio della crisi

La crisi è iniziata nel 2020, quando le restrizioni dovute al Covid hanno imposto una brusca frenata alle consegne e hanno decretato la chiusura di alcuni stabilimenti. Pesa in particolare la dipendenza dalla Cina, i cui rapporti commerciali sono stati messi a dura prova dalla politica "zero-Covid".

La situazione è stata ulteriormente alimentata dalla guerra tra Mosca e Kiev. L'Ucraina è uno dei principali esportatori di C4F6 e di neon, gas utili per l'incisione laser dei wafer di silicio con cui si costruiscono i chip; mentre la Russia esporta grandi quantità di palladio. L'inizio del conflitto ha portato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ad approvare il "Chip Act", un investimento tra i 43 e i 45 miliardi di euro per la produzione europea di semiconduttori.

I fondi stanziati in Europa

Gli investimenti (che si spalmano fino al 2030) daranno i loro frutti in tempi medio-lunghi. Nel frattempo la crisi mette a rischio la produzione di bancomat e carte di identità. Lo scorso autunno il governo italiano ha messo a disposizione delle imprese produttrici di microchip fondi per oltre 700 milioni di euro, in modo da "incentivare la ricerca e l'innovazione sul settore anche in Italia e in Europa".

Ma il percorso per abbandonare la dipendenza dalla Cina è ancora lungo: la capacità produttiva nel settore all'interno dell'Unione Europea è scesa dal 24% all'8%. Per questo motivo, tutta Europa sta cercando di incentivare la ricerca e trovare soluzioni alternative. La Spagna, per esempio, ha previsto un investimento pubblico di 11 miliardi attraverso un progetto strategico per la ripresa e la trasformazione economica.

Nonostante lo stanziamento di fondi per arrivare a una produzione autonoma entro il 2030, è da considerare il fatto che vi sia carenza di lavoratori qualificati. Questo fattore, per ora sottovalutato, potrebbe ostacolare o far deragliare completamente tutte le strategie europee.

Le tessere sanitarie senza chip

Il processo di digitalizzazione iniziato prima del Covid dovrà essere interrotto ancora per qualche anno: l'Italia ha annunciato la mancanza di micro-chip per le nuove tessere sanitarie. Le nuove carte saranno quindi senza il chip per accedere ai servizi on-line secondo quanto riportato nella Gazzetta Ufficiale del 9 giugno.

La produzione di tessere semplificate da parte del ministero dell'Economa andrà avanti almeno fino al 2024, secondo quanto laconicamente spiegato dal Mef.

Per continuare ad accedere ai servizi online, il cittadino dovrà ricordarsi prima della scadenza della tessera di estenderne la durata fino al 2023 sul sito Sistemats.

584 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views