“Perché nessuno si è accorto di nulla?”: i dubbi sul caso Simona Cinà, morta in piscina durante una festa

È ancora piena di lati oscuri la vicenda della morte di Simona Cinà, 20 anni, atleta di Capaci e promessa del volley locale morta in una piscina privata a Bagheria, dove era in corso una festa di laurea: le indagini sono affidate ai carabinieri e alla Procura di Palermo, che stanno cercando di ricostruire nei dettagli quello che è accaduto. Domani verrà affidato l'incarico per eseguire l'autopsia nel reparto di medicina legale dell'ospedale Policlinico. Un esame fondamentale per chiarire cosa è successo alla giovane.
Di certo, gli ultimi istanti noti di Simona sono stati affidati a un video Instagram. È in compagnia di due amici presso un distributore di benzina. Uno di loro, visibilmente alterato, esclama: "Sono già ubriaco". L’atmosfera è quella di un preambolo festaiolo, con inviti su WhatsApp che preannunciano "una serata alcolica" con tanto di emoji di bottiglie e bicchieri. Il messaggio ironico degli organizzatori suonava quasi profetico: "Vi terremo idratati".
Nella villetta affittata per l’occasione, circa ottanta giovani si divertono spensierati. Simona appare tranquilla, scrive alla madre all’una di notte: sta per fare un bagno e non avrà con sé il telefono. Da lì in poi, il silenzio. Alle 3:20 la sua migliore amica lascia la festa. Alle 4:10 qualcuno chiama il numero unico di emergenza. Alle 4:23, l’ambulanza arriva sul posto. Simona è stata già estratta dalla piscina e qualcuno ha tentato senza riuscirci di rianimarla: il medico legale ha riscontrato segni compatibili con compressioni toraciche.
Alle 4:50, la madre – preoccupata per il ritardo – chiama il cellulare della figlia. Risponde un ragazzo: "Venga, Simona sta male". La famiglia si precipita nella villa: il padre, impiegato in un supermercato, la sorella gemella e il fratello maggiore. Ad attenderli, una ventina di giovani, alcuni ancora in costume. Dicono tutti lo stesso: "Non ci siamo accorti di nulla. L’abbiamo trovata morta in piscina dopo un po’".
Ma qualcosa non torna. L'avvocato Gabriele Giambrone – nominato dalla famiglia Cinà – è perplesso: "Com'è possibile che in uno spazio così ristretto, decine di persone non si siano rese conto per diversi minuti di un corpo in acqua? E perché Simona era a faccia in su? Se avesse avuto un malore e fosse caduta, difficilmente avrebbe assunto quella posizione".
L’ipotesi dell’improvviso malore non è esclusa, ma stride con la buona salute della giovane, atleta rigorosa e astemia. "Lo dirà l’autopsia", dice l’avvocato, "ma resta il fatto che nessuno abbia notato nulla è assurdo".
Ancora più sconcertante è ciò che si sono trovati davanti gli investigatori. Il giardino e la piscina erano in ordine, le bottiglie d’acqua raccolte in buste, nessuna traccia evidente di alcol. "Qualcuno ha ripulito", sostiene il legale. "Eppure, nell’invito si parlava di persone che avrebbero potuto cadere in piscina perché troppo ubriache".
Un tentativo di cancellare le prove? Non è escluso. Ma qualcosa è rimasto. Sono ad esempio state individuate tracce di sangue, anche se al riguardo un giovane ha riferito di essersi ferito dando un calcio a una sedia, in preda allo shock. Il ragazzo è stato sottoposto al test del DNA. Un dettaglio che, in una vicenda così carica di ombre, potrebbe rivelarsi decisivo.