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Perché gli uomini violenti pensano sempre di farla franca: cosa ci insegna l’aggressione di Palermo

Perché l’aggressione di Palermo, avvenuta sotto gli occhi di tutti, dimostra che uno dei problemi della violenza è il senso di impunità degli uomini violenti.
A cura di Anna Vagli
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La cronaca e l’attualità del nostro Paese è ormai satura di episodi di violenza di genere. Un’ondata che non si placa da anni e che mette in evidenza tutte le facce degli abusi che gli uomini si arrogano il diritto di esercitare nei confronti delle donne. Poco importa se li attuano quando la relazione è finita, al capolinea o ancora in essere. Il dato che emerge è che l’aggiornamento è ormai quotidiano. Quanto accaduto ieri a Palermo mette in luce, semmai ancora ce ne fosse bisogno, che il femminicidio rappresenta solamente la punta dell’iceberg del fenomeno. Andiamo ai fatti. In un bar di via Maqueda, in pieno centro del capoluogo siciliano, un turista ha brutalmente aggredito la sua fidanzata. E lo ha fatto dopo che quest’ultima aveva raggiunto il bar in solitaria e si era seduta ad un tavolo. Trascorso qualche minuto, l’uomo l’ha raggiunta e si è scaraventato contro di lei. Prima lanciandole una sedia. E poi prendendola per i capelli e trascinandola tra i tavoli del locale. Il trentaduenne è stato immediatamente braccato dai clienti presenti nel locale che si sono prontamente attivati per proteggere la donna ed allertare le forze dell’ordine. Dal canto suo, la vittima, terrorizzata, dopo aver cercato rifugio tra gli estranei si è successivamente nascosta nei pressi di una gelateria che si trovava nelle vicinanze.

Perché l’uomo ha agito una violenza di quel tipo anche in un contesto pubblico?

Questa aggressione mette in luce un problema profondo e preoccupante: la violenza di genere e l'incapacità di alcuni individui di convivere e di regolare le proprie emozioni. Il turista, come tutti gli uomini maltrattanti, ha dimostrato una totale incapacità di controllare i propri impulsi. Secondo quanto emerso, il suo atteggiamento sarebbe conseguito ad una lite avvenuta poco prima per ragioni di gelosia. Dunque, una discussione capace di provocare e scaturire tensione emotiva, rabbia e frustrazione. Istinti impulsivi divenuti motivatori di una violenza inaudita. Il trentaduenne, analogamente a tutti i partner abusanti come lui, ha accumulato sentimenti di odio e rancore che lo hanno evidentemente condotto ad un punto di non ritorno. Un punto che lo ha indotto a reagire in modo violento e scellerato anche in contesto pubblico come quello di un bar in pieno centro a Palermo.

Come si giustificano tali azioni dal punto di vista comportamentale? Fin troppo spesso questi atteggiamenti sono il risultato di una mancanza di abilità nella comunicazione e nella gestione dei conflitti. Nello specifico, si tratta di soggetti che non hanno appreso durante lo sviluppo modi sani per relazionarsi e per risolvere i problemi in modo costruttivo.  Di conseguenza, sono diventati adulti totalmente incapaci di controllare la rabbia e la frustrazione. Abituandosi così a riconoscere l’abuso come unica forma di rapporto con gli altri.

Ma c’è anche un altro fattore che non deve in alcun modo essere trascurato. Parlo dell’idea di impunità. Quella convinzione fin troppo radicata di poterla fare franca. Non solo per i tempi della giustizia, ma anche per le intrinseche componenti personologiche che inducono certe categorie di uomini a credere di potersi porre al di sopra di tutto. Anche della legge.

Alcuni carnefici, perché di questo stiamo parlando, possono percepire che non ci saranno conseguenze significative per i loro atti violenti. E ciò li spinge a commettere simili azioni in pubblico senza alcun timore o remora. Quindi questa percezione di invulnerabilità incentiva, se possibile, ulteriormente la violenza. Un input in più che può aver avvertito anche il turista polacco.

La vicenda di ieri non è purtroppo un caso isolato. Ma è parte integrante di un problema più ampio e urgente che coinvolge la violenza contro le donne. Una questione sempre più spinosa che richiede una risposta vigorosa da parte della società e delle istituzioni. Come hanno sottolineato anche i media oltre oceano. Solo due settimane fa, il New York Times, facendo espresso riferimento agli stupri di Palermo e Caivano, ha evidenziato le difficoltà incontrate dal nostro Paese nel gestire l’emergenza. Un ulteriore campanello d’allarme che non possiamo in alcun modo ignorare. È allora arrivato il momento di affrontare con determinazione questa sfida, affinché storie come quella appena trattata e come quelle emerse agli onori della cronaca italiana per tutta l’estate, diventino una faccenda oscura del passato, non una triste realtà del presente.

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Dottoressa Anna Vagli, giurista, criminologa forense, giornalista- pubblicista, esperta in psicologia investigativa, sopralluogo tecnico sulla scena del crimine e criminal profiling. Certificata come esperta in neuroscienze applicate presso l’Harvard University. Direttore scientifico master in criminologia in partnership con Studio Cataldi e Formazione Giuridica
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