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Panini vietati al lido in Puglia, madre con due figli, uno celiaco, denuncia: “Trattamento umiliante”

A Monopoli una madre chiede di portare due panini al lido, uno per il figlio celiaco e uno per l’altro bambino. Il gestore acconsente solo al primo e le vieta di consumarli sotto l’ombrellone “per motivi igienici”. Scoppia il caso: la legge regionale Puglia consente di portare cibo da casa, e a livello nazionale la normativa sulle strutture ricettive stabilisce che non si può impedire di portare alimenti per motivi di salute o intolleranze alimentari.
A cura di Biagio Chiariello
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immagine di repertorio
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Prima di mettersi in viaggio, Maria – nome di fantasia – prende il telefono. Quaranta chilometri con due bambini piccoli, uno dei quali con celiachia certificata, non si affrontano senza la certezza di poter garantire una merenda sicura. Chiama il lido Marzà di Monopoli, spiega la situazione e chiede di poter portare due panini, uno per ciascun figlio, da consumare senza disturbare nessuno. La risposta è secca: “In via del tutto eccezionale può portare il panino, ma solo per il bambino con l’intolleranza”. Per l’altro, nessuna concessione.

Il gestore aggiunge che, comunque, non potrà sistemarsi sotto l’ombrellone come tutti gli altri clienti: “Quando viene qua vediamo dove farla mettere”. Alla richiesta di spiegazioni, il tono si irrigidisce. “Le sto facendo una cortesia solo per il celiaco”, ribadisce. Maria prova a ricordare che la normativa regionale consente l’introduzione di cibo per uso personale, specie in caso di esigenze alimentari, ma il confronto degenera: “Mi ha detto di non avvicinarmi, mi ha aggredita verbalmente”, racconta. “Ha sostenuto che quella era proprietà privata. Mi sembra assurdo e umiliante dover scegliere quale dei miei figli può mangiare”.

Non è una questione di prezzo: i 60 euro richiesti per ombrellone, due lettini e parcheggio non la scoraggiano. Ma dopo quella telefonata decide di rinunciare: “Sembrava di dover contrattare un permesso. È inaccettabile”.

Il titolare, Viero Affatato, replica spiegando che il lido non ha concessione demaniale e applica tariffe inferiori alla media. “Certo che poteva portare il panino per il figlio intollerante – afferma –, ma pregandola di consumarlo in zona bar. Non è gradito mangiare sotto l’ombrellone per motivi igienici”. A suo dire, la cliente reagisce polemicamente e interrompe la conversazione.

Il caso riaccende il dibattito sui limiti posti dai gestori. L’ordinanza balneare della Regione Puglia 2025, articolo 4, lettera F, stabilisce che sulle spiagge e nelle aree demaniali è consentito introdurre e consumare alimenti propri, in contenitori adeguati. A livello nazionale, l’art. 822 del Codice Civile e l’art. 1, comma 251, della legge finanziaria 2006 ribadiscono che le spiagge sono beni pubblici: i concessionari non possono vietare il consumo di cibo portato da casa, salvo motivi di sicurezza, decoro o tutela ambientale.

Sulla questione interviene a Fanpage.it Roberto Capasso, presidente di Assoutenti Campania: “Le spiagge sono luoghi pubblici dati in concessione a privati. Nei lidi non si può imporre un divieto generico di introdurre cibo da casa né controllare borse o zaini. Il gestore non ha il monopolio sulla ristorazione, ma va comunque garantito il decoro, evitando che i lettini vengano ingombrati da vivande”.

Capasso richiama un episodio recente a Villaggio Coppola, nel Casertano, dove una madre con tre figli viene costretta a gettare il cibo portato da casa e acquistare quello del bar del lido. In quel caso, i gestori spiegano che sotto l’ombrellone sono ammessi solo panini e acqua, invitando chi porta pasti completi a utilizzare l’area tavolini. Un cartello all’ingresso riporta tra le regole il divieto di introdurre cibi e bevande dall’esterno.

Il tema, al di là dei singoli episodi, resta aperto: fino a che punto un gestore può imporre restrizioni senza ledere i diritti dei bagnanti? E quanto spesso i divieti, più che tutelare l’ordine, finiscono per creare barriere inutili tra clienti e stabilimenti?

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