Omicidio Bologna, la moglie di Marra: “Abbiamo preso cocaina. Poi il vuoto. Al risveglio, era morto”

"Non l’ho ucciso. Abbiamo bevuto molto, preso cocaina e caramelle allucinogene. A un certo punto ho vomitato e mi sono messa a dormire. Quando mi sono svegliata, Giuseppe era morto". Così Lorenza Scarpante, 57 anni, ha provato a spiegare alla Procura di Bologna quanto accaduto nella notte tra lunedì 26 e martedì 27 maggio nell’appartamento di via Zanolini, dove il marito, Giuseppe Marra, 59 anni, è stato ritrovato senza vita, con profonde ferite alla testa.
La versione della moglie di Giuseppe Marra
Secondo i primi accertamenti medico-legali, l’ora della morte risale alle 3 del mattino. Un orario che combacia con quanto riferito da alcuni vicini, svegliati da forti tonfi e colpi provenienti dall’abitazione della coppia. In molti avrebbero anche scritto messaggi tra loro, lamentandosi per il baccano e ipotizzando di parlarne con l’amministratore il giorno successivo.
Lorenza, però, racconta una versione ben diversa: dice di essersi sentita male e di essere andata a dormire intorno a mezzanotte, senza più svegliarsi fino alle dieci del mattino. A suo dire, al risveglio avrebbe trovato il marito a terra, in una pozza di sangue, privo di sensi. È scesa in strada in evidente stato di alterazione, gridando "È caduto, chiamate qualcuno". È stata lei stessa a lanciare l’allarme.
Quando i carabinieri e i soccorsi sono arrivati, l’hanno trovata sconvolta, con gli abiti sporchi di sangue e sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Le successive analisi tossicologiche hanno confermato che aveva assunto elevate dosi di cocaina. In casa sono stati trovati anche hashish e funghi allucinogeni.
Cosa dice la procura sul caso dell'omicidio di Bologna
La Procura ha però contestato diverse incongruenze nella sua versione. A partire dalla dinamica stessa del decesso. Sul corpo di Marra sono state riscontrate gravi lesioni alla testa, compatibili con urti violenti contro spigoli o pareti. Non è stata trovata alcuna arma del delitto, ma le tracce di sangue rinvenute su muri e superfici suggeriscono un’aggressione brutale. Gli inquirenti ipotizzano che la donna possa aver approfittato di un eventuale stato di incoscienza del marito, forse già stordito dalla droga, per colpirlo ripetutamente.
Ma resta una domanda centrale: una donna minuta come Lorenza Scarpante sarebbe davvero riuscita a infliggere da sola quei colpi così violenti a un uomo molto più robusto di lei? L’avvocata della 57enne, Cristiana Soverini, sottolinea proprio questo punto: "La mia assistita è ancora sotto choc. Respingiamo ogni accusa. Le differenze fisiche tra lei e il marito sono evidenti".
Intanto, le indagini proseguono. Nessun segno di effrazione è stato trovato sull’ingresso e le telecamere di sorveglianza non mostrano movimenti sospetti nel palazzo. Secondo i carabinieri, nella notte dell’omicidio nessun estraneo è entrato o uscito dal condominio. Anche la donna ha escluso la presenza di altre persone in casa. Nessuna chiave di riserva, nessun ospite, nessun furto.
Resta quindi solo lei, al momento, come unica indagata. Anche se non è stato ancora identificato un movente chiaro, né ci sono precedenti denunce di violenze o litigi gravi tra i due coniugi. Solo qualche screzio, come confermato da chi li conosceva, ma nulla che potesse far presagire una simile tragedia.
Le risposte definitive potrebbero arrivare nei prossimi giorni, con i risultati degli esami sul sangue rinvenuto sui muri e con la ricostruzione della dinamica elaborata dai Ris.