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Nollywood, perché il cinema made in Africa può essere una rivoluzione sociale e culturale

Il cinema africano potrebbe creare circa 20 milioni di posti di lavoro. Figure specializzate e professionisti del mestiere potrebbero far girare l’economia quadruplicando le entrate. Ma l’industria cinematografica in Africa non renderebbe solo più competitivo il continente all’interno del mercato internazionale. Cambierebbe anche il modo in cui si racconta l’Africa nel mondo.
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Il cinema africano potrebbe diventare una risorsa economica fondamentale per l'Africa. La domanda di produzioni cinematografiche è aumentata in tutto il continente, a dirlo sono le Nazioni Unite. Nollywood, l'industria cinematografica nigeriana, è in forte espansione. E l'intero settore potrebbe quadruplicare le entrate economiche creando circa 20 milioni di posti di lavoro, riferisce il quotidiano britannico The Guardian. Nigeria e Senegal "sono modelli di business definiti in crescita per le produzioni cinematografiche locali, sempre più ricercate dalla televisione e dai servizi di streaming come Netflix e Disney+", afferma il rapporto dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (Unesco).

L'Africa vista con gli occhi degli africani

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A Fanpage.it il direttore artistico del forum Italia Africa Business Week originario del Burkina Faso, Cleophas Adrien Dioma dice: "L’Africa è sempre stato il continente del racconto. In Nigeria, Nollywood è una delle industrie cinematografiche più importanti a livello mondiale. Questo fa economia. Ci lavorano tantissime persone e sono nate diverse figure professionali. Con lo sviluppo economico, c’è stato un boom del settore. Si è creato un mondo di specialisti. E la qualità dei film ha raggiunto quella dell'industria cinematografica indiana. Abbiamo delle star del cinema che sono molto seguite da uomini e donne, quasi in tutta l’Africa. Hanno iniziato anche a doppiare gli attori e le attrici in lingua francese. Prima invece mettevano solo i sottotitoli. Molti registi hanno partecipato al Festival di Cannes". La quinta edizione del forum Italia Africa Business Week che si terrà il 9 e il 10 ottobre a Roma, ha come obiettivo "quello di avvicinare il mondo economico africano e italiano – spiega il direttore artistico e continua – È un momento di incontro tra imprenditori africani e italiani. Attraverso il networking che si viene a creare, presentiamo i Paesi del continente per rafforzare la cooperazione economica e commerciale tra Italia e Africa".

Cleophas Adrien Dioma è anche uno degli organizzatori del Roma Africa Film Festival: "Per spiegare cosa racconta il cinema africano, parto da una battuta di un giornalista olandese: le fotografie e i video della stampa occidentale ci raccontano come muoiono gli africani e mai come vivono ", dice. "Il cinema africano, invece, cerca di raccontare come vivono gli africani. È un approccio diverso. Racconta anche i problemi del continente. Il regista africano non elude i problemi o i conflitti. Ma non li racconta da un punto di vista drammatico. Racconta il processo di un continente e di Paesi che hanno 50/60 anni di esistenza. E che stanno cercando comunque di costruire la loro identità politica. Ci sono tantissime difficoltà, ma anche cose belle, importanti e positive. L’approccio del regista africano è quello di raccontare la normalità". Poi fa un esempio per spiegare cosa intende: "Se vivi nel quartiere Scampia di Napoli, per qualcuno è drammatico ma per quello che vive a Secondigliano è normale – e continua – Si affrontano anche tematiche difficili come l’omosessualità all’interno della comunità africana, che sembra non esistere. Invece c’è, si affronta e si cerca di parlarne per far capire agli africani e non solo, che fa parte della normalità. Non è una cosa per la quale dobbiamo ammazzarci – spiega Cleophas Adrien Dioma e conclude – Questo mese in Burkina Faso ci sarà il festival del cinema africano e nonostante la crisi dovuta al covid, sono riusciti ad organizzare l’evento. È importante continuare a raccontare storie e portare avanti una sorta di rivoluzione per l’Africa".

Che cos'è l'artivismo

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Simon Samaki Osagie – fondatore dello Speaker Box Street Party – è italiano, ha origini nigeriane e vive nel Regno Unito. Si definisce un artivista perchè attraverso la danza e la musica combatte le discriminazioni facendo ballare i londinesi di tutte le nazionalità. "Con la diaspora africana, i figli degli immigrati che hanno studiato all'estero hanno capito l'importanza del settore audiovisivo ‘made in Africa'. In Nigeria si sta creando una sorta di consapevolezza artistica – dice a Fanpage.it e continua – Questa consapevolezza sta favorendo la nascita di un settore afro-europeo cinematografico, ma non solo. Anche il settore musicale è in forte crescita. L'Afrobeat sta già diventando un trend. È una consapevolezza che sta crescendo anche in Italia".

Secondo l'artivista italo-nigeriano "in questi ultimi 10 anni, con l'avvento dei social media" le piattaforme digitali come Netflix, hanno iniziato a investire nel "continente nero". E questo ha reso Nollywood più attraente all'interno del mercato internazionale. "Io e il mio team  stiamo usando le nostre competenze artistiche per portare questa consapevolezza sociale e culturale in giro per le città", spiega. I loro flashmob sono famosi anche in Italia dove Simon Samaki è stato più volte invitato per organizzare manifestazioni contro il razzismo:"Attraverso l'arte trasformiamo la diversità in uno strumento di integrazione".

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