
Partiamo da un dato di fatto, incontrovertibile: che destinare a operazioni militari o terroristiche dei soldi chiesti per aiutare la popolazione civile, stremata da anni d’occupazione israeliana e – dopo il 7 ottobre 2023 – da un’operazione militare violentissima, è un atto ignobile e senza attenuanti. Che prende in giro sia chi quei soldi li ha donati, sia soprattutto chi quei soldi non li ha mai visti arrivare.
È quel che, secondo la procura nazionale antimafia e la procura di Genova avrebbero fatto Mohamed Hannoun e altre otto persone residenti in Italia, accusate proprio di aver raccolto sette milioni di euro in circa 25 anni per la popolazione civile a Gaza e di averli usati per finanziare Hamas.
Quasi niente di nuovo sotto il sole, a dire il vero: che la popolazione di Gaza sia "carne da cannone" anche per Hamas è cosa nota, anche a chi sostiene la causa palestinese. E non a caso, tra le accuse più frequenti all'attuale premier israeliano Benjamin Netanyahu, pre e post 7 ottobre, c’è anche quella di aver favorito e consolidato l’ascesa di Hamas, proprio per boicottare un progetto di convivenza pacifica tra i due popoli e per rinfocolare un sentimento anti palestinese in Israele. A mettere nero su bianco questa evidenza, nel 2023, in un’intervista a Politico, è stato un ex premier israeliano come Ehud Olmert: “Negli ultimi 15 anni – ha detto – Israele ha fatto di tutto per declassare l'Autorità palestinese e per rafforzare Hamas”.
Quindi, tanto per essere ancora più chiari: chi finanzia le operazioni militari e terroristiche di Hamas – pre e post 7 ottobre – non vuole né la pace, né il benessere della popolazione civile di Gaza.
Però, ovviamente, dobbiamo stare attenti che la retorica filo-israeliana e anti-palestinese non si ingoi tutto il resto. Ad esempio, finendo per marchiare come “amici dei terroristi” tutte le persone che in questi anni hanno manifestato e si sono esposte per la causa palestinesi o per chiedere la fine dell’occupazione e del massacro in atto a Gaza.
O peggio ancora, per nascondere sotto la presunta truffa – difficile chiamarla altrimenti – di Hannoun e soci i crimini israeliani e la sofferenza della popolazione della striscia di Gaza.
A ribadirlo, del resto, sono stati proprio il procuratore capo dell’antimafia Giovanni Melillo e il procuratore capo di Genova Nicola Piacente: “Le indagini e i fatti attraverso esse emersi non possono in alcun modo togliere rilievo ai crimini commessi ai danni della popolazione palestinese successivamente al 7 ottobre 2023 nel corso delle operazioni militari intraprese dal Governo di Israele, per i quali si attende il giudizio da parte della Corte Penale Internazionale”.
E non è un caso che queste parole abbiano indispettito parecchio chi da mesi non aspettava che un’occasione buona per distrarre l’opinione pubblica dai massacri che ancora sono in atto.
Prima ci hanno provato con la finta pace di Trump, in realtà una mezza tregua necessaria a far cessare le proteste delle famiglie degli ostaggi del 7 ottobre contro Netanyahu. Mezza tregua che non ha cancellato né l’occupazione di Gaza, né le sofferenze della popolazione civile palestinese, ma che è servita a dire a reti unificate all’opinione pubblica Occidentale che la guerra a Gaza era finita, che potevano riporre le bandiere e smetterla di scendere in piazza.
Poi ci hanno provato – e continuano a provarci – con la character assassination della relatrice speciale dell’Onu Francesca Albanese, messa alla berlina per alcune frasi infelici, sotto le quali hanno cercato di seppellire tutte le denunce, puntuali e documentate, sull’orrore in atto a Gaza.
Oggi, buon ultima, ci stanno provando con questa indagine su Hannoun e soci, che darà fiato alle trombe di chi dice che chi denuncia il massacro in atto a Gaza e in Cisgiordania è al soldo di Hamas. E che, di conseguenza, sono voci a cui non va prestato ascolto.
In parole povere, dietro questa retorica si nasconde negazionismo in purezza sui crimini di Israele – accertati da enti terzi e agenzie indipendentidalle parti in guerra – e sulla sofferenza che Israele ha deliberatamente inferto alla popolazione civile a Gaza. Negazionismo su 72mila morti, più di 20mila dei quali bambini. Negazionismo sulla carenza di acqua e cibo, di strutture sanitarie e infrastrutture elettriche e fognarie. Negazionismo su migliaia di crimini di guerra, acclarati e documentati.
E dietro quel negazionismo si nasconde una richiesta ancora più subdola e pericolosa: lasciateci finire il lavoro, in silenzio, girati dall’altra parte. Melillo e Piacente, nel fare il loro lavoro con laicità e indipendenza, ci hanno semplicemente chiesto di non farlo, di non girarci dall’altra parte.
Chi oggi li attacca, o li critica, invece, vorrebbe che chiudessimo gli occhi su Gaza, una volta per tutte. E da mesi sta facendo di tutto affinché accada.