Morte Aurora Maniscalco: i dubbi dei familiari sul suicidio e il giallo degli accessi su Whatsapp

Aveva solo 24 anni Aurora Maniscalco, giovane hostess palermitana trasferitasi da circa tre anni a Vienna per lavorare come assistente di volo con la compagnia Lauda Europe del gruppo Ryanair. Una vita apparentemente serena, almeno fino a quella notte tra sabato 21 e domenica 22 giugno, quando Aurora è precipitata dal terzo piano di un edificio in Universumstrasse, nel quartiere Brigittenau, una zona a ridosso del Danubio.
Un volo che si è rivelato fatale: la giovane è morta in ospedale dopo due giorni di agonia. Ma sulla dinamica di quanto accaduto i dubbi non mancano. I familiari escludono categoricamente l’ipotesi di un suicidio.
Il giallo della morte di Aurora Maniscalco a Vienna
A dare l’allarme sarebbe stato il fidanzato, anche lui palermitano e residente nella capitale austriaca, che ha dichiarato alla polizia locale di essere stato presente al momento della caduta. Il giovane è stato ascoltato come persona informata sui fatti, ma si troverebbe ora a casa, con la sua famiglia. Stando a quanto riferito dai familiari, tuttavia, sarebbe stato proprio lui a chiamare i suoi parenti immediatamente, mentre i genitori di Aurora avrebbero saputo dell’incidente solo molte ore dopo, e per giunta tramite i medici dell’ospedale viennese, con enormi difficoltà di comunicazione a causa della lingua.
Un dettaglio che ha fatto scattare il sospetto, come raccontato a PalermoToday da una cugina della vittima: "I miei zii hanno saputo dell’incidente almeno otto ore dopo, non dal fidanzato ma dai medici. E ci sono state versioni discordanti su ciò che sarebbe accaduto: prima si è parlato di un tentato suicidio, poi di una caduta improvvisa approfittando di un attimo di distrazione".
Ad alimentare l’inquietudine dei familiari c’è anche il mistero del cellulare di Aurora. Durante il ricovero, in condizioni critiche e in coma, sarebbero stati registrati accessi al suo account WhatsApp. Ora però la funzione che mostrava gli ultimi accessi risulta disattivata, e la privacy modificata. "Chi ha messo le mani sul suo telefono? E perché? Cosa è successo davvero in quella stanza?", si chiede la cugina Federica Bevilacqua, che sui social ha scritto: "Non ci fermeremo mai. Noi ti faremo giustizia, non ci fermeremo di fronte a niente."
La lite, il silenzio e la voglia di chiarezza dei familiari di Aurora Maniscalco
Aurora e il fidanzato, secondo alcune fonti, avrebbero vissuto insieme per un periodo proprio nell’edificio da cui la giovane è caduta. Pare che ci fossero tensioni tra i due, culminate in una lite avvenuta poco prima della tragedia. Una discussione che oggi assume un peso determinante nella ricostruzione dei fatti. "So che avevano litigato e si erano allontanati, ma lui poteva aiutarci a capire cosa è successo davvero", dice ancora la cugina.
Secondo il quotidiano austriaco Heute, ci sarebbero testimoni oculari che avrebbero visto Aurora gettarsi nel vuoto. Ma la famiglia non si arrende: vuole chiarezza e ha incaricato l’avvocato Alberto Raffadale di presentare due esposti, uno alla procura di Vienna e uno a quella di Palermo, per chiedere il sequestro della salma, l’autopsia e l’analisi del cellulare e degli altri dispositivi elettronici. "Le autorità austriache volevano consegnare subito il corpo della giovane – ha detto il legale all’ANSA – forse avevano già archiviato il caso come suicidio. Ma i familiari chiedono verità e non vogliono lasciare nulla di intentato. Non puntiamo il dito contro nessuno, ma riteniamo che ci siano elementi che meritano di essere approfonditi".
Un dolore che scuote Palermo, la famiglia: "Non si è suicidata"
La notizia della morte di Aurora ha profondamente scosso Palermo. "Ci associamo al grido di dolore dei familiari e alla loro richiesta di verità e giustizia", ha dichiarato il sindaco Roberto Lagalla. Aurora avrebbe compiuto 25 anni il prossimo 15 luglio, giorno in cui a Palermo si celebra Santa Rosalia, patrona della città.
Dopo un’esperienza di lavoro in Croazia, la giovane era tornata a Vienna, dove si divideva tra il lavoro e una relazione sentimentale che, secondo chi la conosceva bene, era diventata complicata. Per un periodo, pare, si fosse trasferita a Praga da un amico dopo aver perso il lavoro, salvo poi tornare nella capitale austriaca. Proprio lì, tra sogni interrotti e domande senza risposta, si è consumata la tragedia che oggi la famiglia rifiuta di accettare come un semplice suicidio.
La famiglia, supportata legalmente e affiancata dall’ambasciata italiana, ora si batte per fare luce su quanto accaduto. Nel frattempo sono risultati negativi gli esami tossicologici fatti su Aurora. Si attende dunque l'esito dell’autopsia che potrebbe fornire elementi decisivi, così come l’eventuale analisi del contenuto del cellulare. Il dolore si fa rabbia, e la rabbia diventa determinazione. La certezza di chi la conosceva è unanime: "Aurora non si è suicidata. E finché non sarà fatta chiarezza, non ci fermeremo".