Moby Prince, ombre sulla superperizia: “L’ha fatta un consulente degli armatori”

A oltre venti anni dalla tragedia del Moby Prince che il 10 aprile del 1991 causò 140 morti tra i passeggeri del traghetto che si schiantò sulla petroliera nel porto di Livorno, emergono ancora incredibili retroscena nella vicenda giudiziaria. Come ha rivelato un’interrogazione parlamentare del Pd al ministro della Giustizia Andrea Orlando, infatti, uno dei superperiti nominato consulente dalla Procura di Livorno, per sciogliere uno degli interrogativi sorti sulla vicenda, contemporaneamente aveva tra i suoi clienti sia Moby Lines, proprietaria del traghetto, sia Eni, società che controllava Snam, la proprietaria della petroliera Agip Abruzzo contro la quale il traghetto si schiantò quella sera. In particolare il perito doveva sciogliere i dubbi su una manichetta bruciata attaccata alla cisterna 6 dell’Agip Abruzzo. Un dettaglio da sempre ritenuto un punto chiave dell'inchiesta perché la manichetta era di fianco alla cisterna 7 della petroliera, quella perforata dalla prua del traghetto Moby Prince.
Il Perito – Dal suo canto il perito, l’ingegner Andrea Gennaro, interpellato dal fattoquotidiano.it conferma i rapporti ma smentisce di essere stato influenzato: "Sì, ho collaborato per piccole cose sia con Moby che con Eni. Ho sempre detto tutto alla Procura anche in questo caso penso di averlo detto. Per Eni lavorai in epoca successiva a quell’incarico, anche se in questo momento non ricordo bene". Vi era un evidente "conflitto d’interessi" spiegano invece i familiari delle vittime, e ora il Pd chiede al ministro della Giustizia se non è il caso di far scattare un’ispezione alla Procura di Livorno che ha riaperto il caso e ha indagato per 4 anni prima di archiviare nuovamente tutto.