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L'omicidio Meredith Kercher

Meredith Kercher, Rudy Guede racconta il carcere: “Ero un condannato impossibile, fu errore giudiziario”

Rudy Guede ha raccontato la sua condanna in carcere dopo la morte di Meredith Kercher in un libro. “Fui il condannato impossibile, voglio giustizia per me e per la famiglia di Meredith”
A cura di Gabriella Mazzeo
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Torna a parlare dell'omicidio di Meredith Kercher, Rudy Guede, l'unico condannato per la morte della studentessa uccisa a Perugia la sera del 1 novembre 2007. Guede è tornato libero dopo 16 anni di carcere in seguito a una condanna per la partecipazione in concorso al delitto della studentessa americana. Si definisce un "condannato impossibile" proprio perché i giudici, pur affermando che non fu lui a uccidere Meredith Kercher, lo condannano per il delitto "in concorso" senza però mai trovare un altro colpevole.

La sua storia viene raccontata nel libro "Il beneficio del dubbio. La mia Storia" edito da Edizioni Augh!. Durante la presentazione del suo primo libro, Guede ha raccontato come ha vissuto il carcere e come abbia cercato di riprendere in mano la sua vita dopo una pena di 16 anni. Alla presentazione hanno partecipato il giornalista Pierluigi Vito, coautore del libro, gli avvocati Domenico Truppa, Marco Baroncini e Massimo Zanetti, oltre al magistrato Stefano Dambruoso.

"Io so che c'è stato un errore giudiziario – ha raccontato Guede -. Non ho mai negato la mia presenza in quella casa quella notte, ma non ho mai provato a uccidere Meredith. Ho provato a soccorrerla, questa cosa è agli atti. Sono l'unico condannato, anche se è stato riconosciuto che non ho ucciso io Meredith. La sua famiglia ha subìto un'ingiustizia e bisognerebbe rivolgersi a loro, perché ancora non hanno ricevuto risposta su cosa accadde quella notte".

"Le accuse nei miei confronti sono impazzite come un treno, mi hanno travolto. Io sono un condannato impossibile, in concorso ma senza complici e senza altri assassini. Per Meredith avrei potuto fare molto più, avrei potuto aiutarla e soccorrerla. Mi feci prendere dalla paura".

Su Amanda Knox e Raffaele Sollecito, Guede ha invece ha preferito non esprimersi. Ai microfoni di Fanpage.it, ha dichiarato di non voler dire niente ai due giovani che, dopo il delitto del 2007, furono iscritti nel registro degli indagati.

Secondo Guede, la condanna a 16 anni di carcere di è stata figlia della discriminazione e del pregiudizio. "Di me si sono dette tante cose non vere, come che io fossi entrato in casa per rubare. I media hanno avallato questa tesi. La mia condanna non è stata figlia del razzismo, ma penso sia stata generata da una sorta di pregiudizio nei miei confronti".

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