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Matteo Messina Denaro

“La strage Falcone? C’erano grandi cambiamenti”: la frase misteriosa di Messina Denaro nell’ultimo interrogatorio

Risalirebbe allo scorso 7 luglio l’ultimo interrogatorio di Matteo Messina Denaro, catturato a gennaio e morto il 25 settembre. A incalzare il boss stragista di Cosa Nostra, il procuratore aggiunto Paolo Guido e ai pm della Procura di Palermo Piero Padova e Gianluca De Leo. L’ex superlatitante si sarebbe sottoposto a quattro interrogatori senza però accettare di collaborare con la giustizia.
A cura di Eleonora Panseri
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Risalirebbe allo scorso 7 luglio l'ultimo interrogatorio di Matteo Messina Denaro, arrestato il 16 gennaio e morto il 25 settembre all'età di 61 anni. A incalzare il boss di Cosa Nostra, il procuratore aggiunto Paolo Guido e i pm della Procura di Palermo Piero Padova e Gianluca De Leo. Come si legge su Repubblica, l'ex superlatitante si sarebbe sottoposto a quattro interrogatori senza tuttavia accettare di collaborare con la giustizia.

“Voi magistrati vi siete accontentati che il giudice Falcone sia stato ucciso perché ha fatto dare 15 ergastoli al maxi processo?”, avrebbe detto Messina Denaro agli uomini della Procura. “Perché fa riferimento proprio alla strage Falcone?”, gli avrebbe allora chiesto Guido. “Perché penso sia la cosa più importante, da dove nasce… quantomeno da dove nasce tutto“, avrebbe risposto il boss. “Tutto cosa?”, lo avrebbe allora incalzato il procuratore aggiunto. “Le stragi, l’input. Sì, sì, questa strage, tutto da là parte”.

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Il boss allora avrebbe continuato così: “Faccio un altro esempio: dopo non so quanti anni, avete scoperto che non c’entrava niente Scarantino e non mi riferisco a voi, è un plurale maiestatis… Ora la mia domanda è, me la pongo, diciamo, da scemo: perché vi siete fermati a La Barbera? Perché La Barbera era all’apice di qualcosa… ha capito cosa? Il contesto?". Ciò a cui Messina Denaro avrebbe fatto riferimento è alle dichiarazioni del falso pentito che depistò le indagini sulla strage di via d’Amelio e al poliziotto che gestì la sua collaborazione. “E se La Barbera fosse ancora vivo, ci sareste arrivati o vi sareste fermati un gradino prima di La Barbera?”, avrebbe chiesto ancora il boss.

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Nell'interrogatorio del 7 luglio, Messina Denaro avrebbe anche fatto il nome del padre Francesco, capomafia della provincia di Trapani e fedelissimo di Totò Riina. “Una cosa che non ho mai sopportato è pensare che mio padre è stato descritto come il cameriere di qualcuno. E quindi mio padre cosa era? Il cameriere di queste persone o il mio cameriere? Mio padre era mio padre, fino a quando fu vivo, su questo non c’è ombra di dubbio”.

A un certo punto però il procuratore Guido avrebbe tentato di spingere il boss a dare maggiori elementi alla giustizia: “Lei deve metterci nelle condizioni, e questo solo lei riesce a farlo, di ricostruire dei pezzetti di verità, che ci dirà lei e che le consentiranno anche di essere più sereno, rispetto alla sua storia, rispetto a questa schifezza che l’ha circondata prima e dopo e fino a qualche giorno fa. Questo è il nostro invito a riflettere”. "Ascolti, dottore Guido, e veda che quello che sto dicendo è verità. Tutti questi, chiamiamoli pentiti, che hanno detto, sì, qualche pezzo di verità, e hanno fatto fare dei processi, va bene, ma ognuno ha portato acqua al proprio mulino. E per farlo dicono cose che possono essere reali e coincidere con quello che cercate voi o con quello che interessa a voi, ben venga, giusto?", avrebbe risposto il boss.

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"Ma ci sono cose, però, che, per esempio, nessuno è mai arrivato, perché a me sembra un poco riduttivo dire che a Falcone lo hanno ucciso per la sentenza del maxi processo. Se poi voi siete contenti di ciò, ben venga, sono fatti vostri, ma la base di partenza non è questa, e parlo di grandi cambiamenti“, avrebbe quindi concluso criptico Messina Denaro, che nella tomba con sé ha portato questo e altri segreti.

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