Martina Oppelli morta con il suicidio assistito, così si raccontava: “Ho avuto una vita piena, proseguirla è intollerabile”

Martina Oppelli è morta a 50 anni in Svizzera, dove ha avuto accesso al suicidio medicalmente assistito. La donna, architetta triestina, conviveva con la sclerosi multipla progressiva da oltre vent'anni, gli ultimi dei quali trascorsi rivendicando il diritto di accedere al fine vita in Italia.
Possibilità che le è stata negata per tre volte dall'azienda sanitaria locale di riferimento, perché secondo la Asugi (azienda sanitaria universitaria Giuliano Isontina) Oppelli non presentava il requisito della dipendenza da "trattamenti di sostegno vitale". Una decisione duramente contestata dalla 50enne, che aveva spiegato in un'intervista a Fanpage.it le condizioni in cui era costretta a vivere. "Vivere come vivo io è una tortura", raccontava Martina a settembre del 2024, dopo il secondo diniego al suicidio medicalmente assistito".
Oppelli, "Sono sfinita"
"Di notte – spiegava – devo mettere delle protezioni sulle mani per non ferirmi, ho il pannolone, nelle 2 ore che do libere alle badanti che mi assistono sono da sola e devo rimanere immobile con la testa reclinata sullo schienale. Lavoro da casa, al computer, usando i comandi vocali, perché nemmeno con gli occhi riesco a muovere il mouse attraverso il software apposito. Per tossire utilizzo una macchina, perché da sola non ce la faccio, così come a soffiarmi il naso. Non è normale farsi imboccare dal 2012, farsi dar da bere, farsi pulire, non riuscire nemmeno a stringere la mano alle persone. Sono sfinita".
Dopo quasi un anno da quel "Sono sfinita" e un terzo diniego da parte di Ausgi il 4 giugno 2025, Martina Oppelli ha scelto di mettere un punto ed è andata in Svizzera. Decisione che aveva già preannunciato nel corso della nostra intervista: "Non ho intenzione di finire la mia vita in stato vegetativo, pentendomi di non essermi suicidata quando ancora potevo usare le mani".

Una lotta per i diritti di tutti
Fino all'ultimo, però, Oppelli non ha smesso di battersi affinché la sua non fosse la sorte di tutti: "Non è una battaglia politica, non può esserlo – diceva a Fanpage.it – e non è solo una mia istanza. Quando è arrivato il primo diniego, a gennaio 2024, avevo già la luce verde dalla Svizzera, avrei potuto andare a morire lì, ma il punto è che se io lascio perdere questo percorso senza ottenere nulla in Italia, chi verrà dopo di me dovrà affrontare lo stesso".
Un percorso che adesso continua in suo nome e nel nome di tante altre persone grazie all'associazione Luca Coscioni, che dal 2002 opera per il diritto al fine vita. Ad accompagnare Martina nel suo ultimo viaggio sono stati i volontari – Claudio Stellari e Matteo D’Angelo, con la collaborazione di altre 31 persone – di Soccorso Civile, associazione che fornisce assistenza alle persone che hanno deciso di porre fine alle proprie sofferenze all’estero, e di cui è rappresentante legale Marco Cappato.
"Mentre prima nel camminare per le vie di Venezia, città in cui ai tempi studiavo Architettura, ascoltavo il suono dei miei passi sul selciato, ed era un piacevole ticchettio, poi quei passi erano diventati tonfi pesanti", ricordava Martina pensando a quel lontano 1996, quando era comparsa la malattia. Aggiungendo: "Già nel 2018 avevo preso la decisione, che è diventata definitiva nel 2023. Ed è per me una decisione irrevocabile, serena, ponderata e cosciente. Mi sento di aver avuto una vita piena, sono soddisfatta di ciò che ho fatto, di ciò che ho avuto, ma vivere così ora è intollerabile".

L'ultimo messaggio di Martina Oppelli
Martina ha dato seguito a quella decisione "irrevocabile" nella mattinata di oggi, giovedì 31 luglio, lasciando un messaggio preciso ai parlamentari italiani, registrato in un video dal letto in cui si è autoiniettata il farmaco letale: "Gentili parlamentari e concittadini tutti, non so se vi ricordate di me, sono Martina Oppelli. Più di un anno fa feci un appello a tutti voi affinché venisse promulgata e approvata una legge, una legge sensata che regoli il fine vita, che porti a un fine vita dignitoso tutte le persone, malate, anziane, ma non importa, prima o poi tutti noi dobbiamo misurarci con la fine della nostra vita terrena. Sì, questo appello è finito nel vuoto […] Ogni dolore è assoluto e va rispettato", "fate una legge sensata".