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Tragedia sulla Marmolada, crolla ghiacciaio

Marmolada, il rifugista Luca Toldo: “Così ho salvato una ragazza travolta dal ghiaccio”

Luca Toldo, giovane gestore del rifugio Ghiacciaio Marmolada, è stato tra i primi a intervenire salvando la 29enne Laura Sartori, travolta da ghiaccio e detriti.
A cura di Davide Falcioni
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Cinquanta metri appena. Questa è stata la distanza a cui domenica scorsa è arrivato il pezzo di ghiacciaio crollato sulla Marmolada dal rifugio gestito da Luca Toldo, giovane perginese che da otto mesi gestisce la struttura a 2.700 metri di quota e che cinque giorni ha assistito incredulo al più grave incidente d'alta montagna mai avvenuto in Italia.

Cinquanta metri, per una massa di ghiaccio e detriti che corre verso valle a 300 chilometri orari, sono un battito di ciglia: eppure il rifugio Ghiacciaio Marmolada è stato risparmiato dalla tragedia che ha causato la morte di 10 persone e Luca Toldo ha avuto la lucidità di non farsi cogliere dal panico. Dopo aver visto che degli escursionisti erano stati travolti ha inforcato gli scarponi e si è precipitato sul fronte del crollo. È stato proprio Toldo ad estrarre ancora viva la 29enne Laura Sartori e ad avviare le prime ricerche prima dell'arrivo di altri soccorritori.

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"La terrazza del rifugio era piena, eravamo in pieno servizio – racconta Toldo a L'Adige – e d'improvviso hanno incominciato a gridare ‘valanga!'. Inizialmente non ho capito come potesse esserci una valanga, dato che non c'è neve. Ma poi abbiamo visto venir giù la colata, a meno di cinquanta metri dalla Capanna e dalla terrazza, ed in un attimo siamo stati avvolti da una nuvola bianca".

Il rifugio, costruito su un dosso, è stato solo "sfiorato" dalla catastrofe: alcuni detriti l'hanno raggiunto, ma gran parte del ghiaccio e delle rocce hanno preso un'altra direzione seguendo la conformazione morfologica della montagna: "Tutti gli ospiti sono stati fatti scendere a valle – racconta Luca -. Erano tutti sotto shock. Io sono rimasto a dare una mano nei soccorsi inizialmente, poi qui al rifugio, a preparare un pasto caldo o assicurare un letto alle persone impegnate nelle ricerche".

Il rifugista: "Ignorati gli allarmi degli scienziati sul cambiamento climatico"

La tragedia di domenica scorsa ha provocato sgomento tra gli esperti conoscitori della montagna per il suo costo di vite umane, ma non si può dire fosse del tutto inattesa. Guido Trevisan, gestore per oltre 20 anni del rifugio Pian dei Fiacconi prima che la struttura a 2.626 metri di quota sul versante nord della Marmolada venisse distrutto da una valanga a dicembre 2020, lancia l'allarme sulle cause del disastro, quel cambiamento climatico che in molti, purtroppo, si ostinano ancora a non vedere.

"Nessuno se lo poteva aspettare – spiega Trevisan a Il Dolomiti – ma è ormai da un paio di decenni che scienziati, climatologi, ambientalisti, uno fra tutti Luca Mercalli, annunciano che gli eventi catastrofici saranno sempre più frequenti. Esperti che ci mettono di fronte a cose che non vorremmo sentire, spiacevoli e scomode. Ci siamo forse dimenticati di Vaia nel 2018? Oppure della valanga al Piani dei Fiacconi del 2020? La differenza è una ed è tragica. Purtroppo in questa catastrofe son rimaste coinvolte troppe persone. Abbiamo davvero bisogno di perdere delle vite per renderci conto della gravità di un evento come questo? Non possiamo più permetterci di non vedere. Non possiamo più fingere di non sentire".

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