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Manuela Murgia uccisa, la svolta dopo 30 anni, la sorella: “Ci abbiamo dovuto pensare noi”

“Speriamo che dai nuovi esami possa emergere il Dna del colpevole” spiega la sorella di Manuela Murgia che, insieme ai parenti, non si è mai arresa alla tesi del suicidio fino alla riapertura del caso: “Sarebbe stato più opportuno un intervento della Procura. Alla fine ci abbiamo pensato noi familiari”.
A cura di Antonio Palma
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Non si sono mai arresi, mai hanno creduto a quell'ipotesi del suicido che aveva chiuso repentinamente le indagini sulla morte di Manuela Murgia. La caparbietà dei familiari della 16enne sarda, trovata morta il 5 febbraio del 1995, si è rivelata fondamentale per arrivare alla svolta trenta anni dopo quel decesso. Il caso infatti è stato riaperto nel marzo scorso dopo che una perizia di parte presentata dai parenti ha evidenziato come la tesi della caduta fosse basata sul nulla e che al contrario probabilmente la ragazzina è stata violentata e poi uccisa, investita da un’auto.

Uno sforzo economico ma soprattutto emotivo da parte dei familiari della 16enne che per trenta anni hanno cercato di dare giustizia a Manuela Murgia. "Non abbiamo creduto neppure un solo istante all’ipotesi del suicidio, al volo da oltre trenta metri ma noi da soli potevamo fare poco. Servivano dei tecnici con delle competenze specifiche. Certo, sarebbe stato più opportuno un intervento della Procura. Alla fine ci abbiamo pensato noi familiari" ha dichiarato ora a La Stampa la sorella Elisabetta Murgia.

Lei era appena adolescente al momento della tragedia ma tutta la famiglia fin dal principio ha notato le tante incongruenze nella tesi della caduta. "Quando siamo andati in obitorio abbiamo visto sul corpo di mia sorella segni non certo compatibili con un volo da quell’altezza. Aveva segni importanti sul collo, dei punti emorragici sul viso e segni sul labbro. Sembravano più traumi da un pestaggio, piuttosto che da una caduta" ha rivelato la sorella di Manuela Murgia.

Tutti i parenti sono ora pronti a seguire le nuove indagini della Procura che vedono tra le prime mosse accertamenti tecnici non ripetibili riguardanti l’esame dei vestiti trovati 30 anni dopo nell’ex istituto di Medicina legale. Da parte loro nessuna accusa specifica a nessuno, nemmeno all'ex fidanzato della giovane individuato per ora dai pm come unico indagato.

"L’aver già dimostrato che si sia trattato di omicidio è già un primo traguardo. Non volevamo per forza quel nome. Io e i miei familiari non abbiamo mai incontrato questa persona. Non sappiamo neppure quale sia il suo volto" ha sottolineato infatti la sorella di Manuela Murgia, concludendo: "Speriamo che possa emergere il Dna del colpevole".

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