1.033 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito
Opinioni

L’università non è una gara: perché l’eccellenza a tutti i costi è una narrazione tossica

L’Università che include e che non esclude, che non lascia indietro chi non batte ogni record in tempi e modalità di laurea ed esami. È questo il modello universitario che chiedono gli studenti che non vogliono essere educati al successo e all’eccellenza, parole che rischiano di diventare tossiche, ma che chiedono il rispetto dei singoli e soprattutto della persona. L’Università non è una competizione, studiare non è una gara.
A cura di Chiara Ammendola
1.033 CONDIVISIONI
Immagine

C'è una pericolosa narrazione che vuole l'uomo moderno battere ogni record, riuscire, sempre, anche quando non si riesce, eccellere, investire tutte le energie su se stesso e soprattutto nella realizzazione di sé. È una narrazione che si insinua pericolosamente in numerosi ambiti della vita, da quello lavorativo a quello personale, ma che ultimamente ritroviamo sempre più spesso nel racconto di studenti che "battono ogni record" e "superano tutti". Lo fanno accorciando i tempi della laurea, con percorsi universitari a volte quasi dimezzati, o riuscendo a sostenere esami, uno dietro l'altro, senza fermarsi mai, dedicandosi anima e corpo allo studio. Una narrazione, quest'ultima, che rischia, molto più delle altre di diventare tossica. Si mettono infatti in gioco una serie di elementi che condizionano tantissimo la psiche dei giovani ma soprattutto la loro formazione rispetto alla società e ai cittadini che saranno dentro e fuori il mondo del lavoro.

Competizione, voglia di eccellere a tutti i costi e di costruire la propria quotidianità intorno al successo. Un modello che esclude chiunque non tenga il passo, chiunque rimanga "indietro", chiunque scelga di coltivare insieme allo studio anche la conoscenza di sé. Un modello che rischia di diventare tossico. Lo studio, a partire dai primi anni, e anche dopo nella scelta del percorso universitario, può essere totalizzante per qualcuno, e per questo non c'è nulla di male, e può esserlo meno per qualcun altro, e nemmeno in questo caso c'è qualcosa di sbagliato. Elogiare i successi va bene ma non bisogna dimenticare che narrare l'università e lo studio come strada verso l'eccellenza rischia di creare per i giovani falsi miti e soprattutto falsi obiettivi, perché ci saranno momenti, e sono tanti, in cui quegli stessi studenti si troveranno a doversi confrontare col mondo del lavoro, con le porte chiuse in faccia, con contratti precari e lavori sottopagati e dovranno saperlo e poterlo accettare, avere gli strumenti della consapevolezza per potere, se si vuole, andare altrove.

Nessuno vuole un'idea di Università esclusiva, tutti cercano invece un ambiente inclusivo, che non lasci indietro chi non riesce, chi sceglie di investire tempo e risorse in altro, chi si smarrisce o semplicemente ha bisogno di più tempo. Leggo da giorni studenti indignati, arrabbiati, sconfortati, che urlano per far sentire la propria voce, quella di chi non riesce, non sa o non vuole bruciare le tappe, di chi vuole e chiede uno spazio universitario che sia lo specchio di una generazione non più dedita al successo obbligato e alla competizione, ma di una società che rispetti i sentimenti di tutti. Nel mezzo di una pandemia che ha costretto quasi tutti a mettere in discussione priorità e obiettivi, e chiesto a qualcuno di rallentare il passo, ben venga chi ha deciso di dedicare i mesi di lockdown obbligato allo studio matto e appassionato, ma non dimentichiamo anche chi durante questi mesi ha perso i propri cari, ha smarrito la strada, ha fatto a pugni con se stesso o ha gettato la spugna. O semplicemente ha decido di rallentare come gesto d'amore verso se stesso. L'Università non è una competizione, studiare non è una gara e va bene farcela, come non farcela, senza mai tradire se stessi.

1.033 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views