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Livorno, getta l’immigrato sfruttato in acqua per sfuggire ai controlli: arrestato

Al proprietario del motopeschereccio contestato anche il reato di caporalato, perché sfruttava extracomunitari africani imbarcandoli abusivamente, sottoponendoli a turni di lavoro massacrati per un compenso di non più di 10 euro.
A cura di Biagio Chiariello
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Avrebbe gettato in acqua un cittadino extracomunitario assunto irregolarmente, per evitare che la guardia costiera verificasse le irregolarità. Sono accuse molto gravi quelle di cui deve rispondere Andrea Caroti, 46enne livornese, comandante e proprietario di un motopeschereccio della marineria locale. Nei suoi confronti i militari del comando provinciale dei carabinieri e della guardia costiera stanno dando esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip del tribunale di Livorno, su richiesta della procura della Repubblica.

La cronaca più o meno recente ci insegna che i casi di caporalato scoperti dalle autorità italiane sulla terraferma e nel settore agricolo non sono certo pochi. Tuttavia, non era mai capitato che una vicenda del genere si consumasse in mare. I fatti risalgono all'8 giugno 2016 quando nelle acque di Calambrone, in provincia di Livorno, il migrante era stato salvato da un bagnino. Era stato lui stesso a raccontare poi ai militari l'accaduto. Stando a quanto accertato, nei giorni successivi il 46enne, avendo saputo che il cittadino senegalese era stato convocato dalla capitaneria in merito a quanto avvenuto in mare, lo avrebbe minacciato per costringerlo a non dire la verità.

Da lì è partita l'inchiesta della guardia costiera e dai carabinieri coordinata dalla procura locale che ha portato all'arresto del comandante del peschereccio Gionatan, con le accuse di violenza privata, violenza o minaccia per costringere a commettere un reato e sfruttamento del lavoro. Stando alle accuse riportate nel provvedimento di custodia cautelare, il pescatore “sistematicamente impiegava manodopera irregolare, composta da cittadini di vari paesi africani, sottoposti a condizioni di sfruttamento, per lo svolgimento di varie mansioni a bordo dell'imbarcazione". Persone che avendo bisogno di lavorare venivano costrette a turni massacranti, spiegano ancora i carabinieri, per una paga di non più di 10 euro a volta ed una modesta quantità di pesce.

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