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Giuseppe Pedrazzini morto in un pozzo, ultime news

Le dichiarazioni dei parenti e l’autopsia, cosa ancora non torna nel caso dell’uomo morto nel pozzo

Marta Ghilardini ha raccontato tutta la verità? E soprattutto Beppe Pedrazzini, l’uomo trovato in un pozzo a Toano, è stato ucciso?
A cura di Anna Vagli
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Gli ipnotisti sostengono che dentro ciascuno di noi c’è un luogo remoto e sconosciuto. Lo chiamano stanza perduta. Una sorta di ripostiglio dove accantoniamo le scorie del nostro inconscio, le cose più segrete e, spesso, le cose che non vogliamo più vedere o dimenticare. Una stanza che nessuno sa come ci si arrivi.

Al di là di questa teoria, che possiamo condividere o meno, ormai sappiamo che l’anello debole della famiglia Pedrazzini, Marta Ghilardini, ha confessato il coinvolgimento di figlia e genero nell’occultamento del corpo del marito Beppe. Ma ha raccontato davvero tutta la verità?

Dal mio punto di vista, la risposta è no. Al contrario, la donna potrebbe avere infatti ancora molto da rivelare agli inquirenti. E ciò perché appare poco verosimile l’ipotesi che Pedrazzini sia morto di cause naturali. Proprio per come i famigliari hanno inteso gestire la fase successiva a quel misterioso decesso.

Dalle prime indiscrezioni dell'autopsia risulterebbe assente l'acqua nei polmoni di Beppe Pedrazzini. Tuttavia, il mancato ritrovamento dell’acqua, e quindi il fatto che Beppe fosse già morto quando è stato gettato nel pozzo, non significa che non possa essere stato ucciso prima che il suo cadavere venisse occultato. Ad esempio, potrebbe essere stato sedato o avvelenato. Ma questo potranno affermarlo o escluderlo soltanto gli esami tossicologici. Inoltre, la saponificazione dei tessuti rende inizialmente più difficoltoso l’accertamento autoptico. Difatti, il permanere in acqua di un corpo così a lungo potrebbe aver cancellato segni come quelli derivanti da una colluttazione o riconducibili a reazioni da difesa. Di conseguenza, solo l’esame istologico potrà essere dirimente per stabilire la causa esatta della morte. Auspicando, invero, che le evidenze scientifiche relative al decesso di Pedrazzini siano ancora leggibili. Questo è il motivo per il quale il Gip nella sua ordinanza ha parlato di possibilità di scoprire da che cosa è morto Beppe.

Oltre a stabilire se Marta abbia o meno raccontato la verità. Sempre che non decida di presentarsi ancora spontaneamente dai carabinieri per aggiungere altri dettagli. E che lo faccia prima dell’arrivo delle risultanze autoptiche definitive. Tenderei a non escluderlo. Restano comunque sul corpo di Pedrazzini le evidenze relative ai segni di trascinamento e alle costole rotte.

Ad ogni modo, qualunque sia la causa della morte, resta un dato incontrovertibile: tutti e tre erano consapevoli della morte di Beppe, ma l’hanno insabbiata per un incontrovertibile attaccamento al denaro.

Sulla questione del movente, invece, il gip De Luca non ha dubbi. “Tutti e tre i famigliari – ha scritto nell’ordinanza del 16 maggio – hanno taciuto la morte del congiunto per percepire la sua pensione”. Che il movente fosse economico era chiaro sin dall’inizio. Potrebbe, però, non essere solo scaturito dalla pensione. Ma anche dalla pensione. E, in generale, dalla gestione degli altri possedimenti di Pedrazzini. Dato, questo, che a mio avviso troverebbe conferma proprio nella tempestiva messa in vendita dell’appezzamento di terreno di Beppe. Il cui valore era stato fissato in 120 mila euro.

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Dottoressa Anna Vagli, giurista, criminologa forense, giornalista- pubblicista, esperta in psicologia investigativa, sopralluogo tecnico sulla scena del crimine e criminal profiling. Certificata come esperta in neuroscienze applicate presso l’Harvard University. Direttore scientifico master in criminologia in partnership con Studio Cataldi e Formazione Giuridica
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