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“Lasciati per giorni in mare”, sei migranti muoiono di sete su una barca: tre sono bambini

Si tratta di due bambini di uno e due anni, un 12enne e tre adulti (tra cui la nonna dei piccoli), tutti siriani. Lo afferma l’Unhcr, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. La barca è arrivata stamane nel porto siciliano di Pozzallo.
A cura di Biagio Chiariello
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Dopo giorni e giorni in mezzo al mare e sotto al sole cocente sono morti di sete. È l'ultima tragedia dei migranti. I corpi privi di vita di due bambini piccoli di uno e due anni, di un 12enne e di tre donne, tra cui una anziana (nonna dei bimbi), sono stati ritrovati su un'imbarcazione di fortuna ferma in mare da diversi giorni sulla rotta tra Turchia e Malta e soccorsa dalla Guardia Costiera e arrivata questa mattina, 12 settembre, nel porto siciliano di Pozzallo.

A confermarlo è l’Unhcr, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, sottolineando che l’Agenzia sta assistendo i 26 sopravvissuti sbarcati in città, molti dei quali presentano condizioni estremamente gravi, tra cui ustioni. “È inaccettabile. Rafforzare il soccorso in mare è l’unico modo per evitare queste tragedie”, ha commentato la rappresentante per per l’Unhcr Chiara Cardoletti.

Le sei vittime sono tutte di nazionalità siriana.

Il dramma arriva a pochi giorni dalla tragedia della piccola Loujin, la bimba siriana morta di sete dopo dieci giorni trascorsi su una barca nel Mediterranea senza che nessuno rispondesse alle richieste di soccorso, l’ennesima tragedia.

Durissime le parole dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, che ricorda come nel 2022 sono oltre 1.200 le persone che sono morte e risultano disperse nel tentativo di traversare il Mediterraneo e raggiungere l’Europa. “Il soccorso in mare è un imperativo umanitario saldamente radicato nel diritto internazionale”, spiega Cardoletti, ma “allo stesso tempo è necessario fare di più per ampliare i canali sicuri e regolari e crearne di nuovi per fare in modo che le persone in fuga da guerre e persecuzioni possano trovare sicurezza senza mettere ulteriormente a rischio le loro vite”.

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