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Cop 27, il vertice sul clima in Egitto

La Cop27 decide il futuro del mondo, ma il governo italiano vola via al momento dei negoziati

Il ministro dell’Ambiente e della Sovranità Energetica Gilberto Picchetto Fratin lascia Cop27 prima dei negoziati decisivi, il governo di Giorgia Meloni è l’unico tra i grandi paesi industrializzati a non gestire direttamente i negoziati più importanti sul futuro del mondo.
A cura di Valerio Renzi
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L'Italia tra i paesi più industrializzati e tra le nazioni più influenti d'Europa è il grande assente all'ultimo round di negoziazioni di Cop27, il momento in cui si prendono davvero le decisioni. Il governo di Giorgia Meloni non è presente ai tavoli che contano, ovvero ai negoziati dove si sta decidendo in queste ore il futuro del mondo e anche del nostro paese, discutendo se la soglia di contenere l'aumento della temperatura a 1.5° e 2° è un obiettivo da confermare, degli strumenti economici per i paesi colpiti dai cambiamenti climatici che i paesi più ricchi (e che inquinano di più) dovranno mettere a disposizione, e se dare degli obiettivi di phase-down non solo per il carbone ma per tutti le fonti di combustibile fossile come proposto dall'India con il sostegno di altri stati soprattutto asiatici. I Ministri dell'Ambiente di paesi come Germania, Olanda, Spagna, Austria, Svezia, Belgio e Finlandia guidano i negoziati dei dossier più importanti sul tavolo. Gli Stati Uniti sono presidiano la Cop con la figura di John Kerry, che da gennaio 2021 è inviato speciale per il clima del presidente Biden, nonché membro del Gabinetto, con un incarico che suggella un impegno decisamente politico.

Per l'Italia invece è rimasto a Sharm el-Sheikh Alessandro Modiano, capo delegazione con un lungo passato nella diplomazia, non a caso già ex ambasciatore in Egitto dell'Italia, è stato nominato a gennaio dagli ex ministri Di Maio e Cingolani nel ruolo di inviato per il clima con il compito di portare la delegazione tricolore a Cop27. Ma Modiano, non sfugge a nessuno, arriva con un mandato debole, senza ruoli politici nel nuovo governo mentre il ministro dell'Ambiente Gilberto Picchetto Fratin ha lasciato l'Egitto già a inizio settimana, limitandosi a una presenza simbolica ma completamente assente durante i negoziati. La sua omologa finlandese, Maria Ohisalo, ad esempio lavora a limare il testo finale, sperando fino all'ultimo che possa contenere significativi e concreti passi in avanti

Eppure l'Italia dovrebbe essere preoccupata dei cambiamenti climatici al pari di altri paesi europei e del mondo. Anzi, per quanto riguarda il Vecchio Continente, è uno dei paesi senza dubbio più esposti già oggi e nei prossimi anni: desertificazione, perdita di fonti d'acqua dolce, aumento del livello del mare hanno effetti materiali già visibili nel nostro paese. Letteralmente l'Italia è sulla linea del fronte del cambiamento climatico. Il nostro paese nei prossimi anni rischia di perdere una parte significativa del suo patrimonio naturale, materiale ma anche immateriale connesso all'agricoltura ad esempio. Pensate una Sicilia dove coltivare agrumi sarà anti economico per via delle riserve d'acqua sempre più scarse, o a un Centro Italia dove le aree dove il clima ottimale per la vite e l'olivo diminuiranno drasticamente o alle Alpi senza ghiacciai e senza quasi più neve.

L'Italia poi è anche la prima linea dell'Europa anche per quanto riguarda un altro fenomeno che è destinato ad aumentare in maniera significativa: i migranti climatici, la cui spinta non farà che aumentare i flussi dall'Africa e l'Asia. La destra destra guidata da Giorgia Meloni ama usare il termine patriota e l'etichetta di sovranismo per collocarsi. Ma è evidente che un fenomeno globale e così complesso necessita di politiche globali e di investimenti internazionali coordinati. Non si possono chiudere i confini ai cambiamenti climatici.

Il think tank italiano ECCO, che si occupa di cambiamenti climatici, a pochi giorni dall'insediamento del nuovo governo, fotografava impegni vaghi e una scarsa attenzione all'agenda climatica da parte della premier e della sua maggioranza, a cominciare dalla una "sorta di reticenza nell’identificare la decarbonizzazione quale variabile chiave per ridisegnare i sistemi energetici nazionali", reticenza segnalata simbolicamente dalla scomparsa del riferimento alla transizione ecologica nel nome del ministero competente, sostituita dalla sicurezza energetica. In questo senso "l’ordine di priorità dell’azione di governo sembra essere il perseguimento della sicurezza energetica indipendentemente dalla tipologia di fonte di energia e a prescindere dalle ricadute sul clima", e a ben vedere l'impegno del governo a COP27 è andata esattamente così: di fatto il risultato più importante di Meloni è stato quello di aprire alla collaborazione sul gas con l'Egitto (dopo due parole di circostanza sui casi Zaki e Regeni).

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