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Giampaolo Amato, medico arrestato a Bologna

Isabella Linsalata uccisa perché era un problema per il marito: l’omicidio pianificato nei dettagli

Giampaolo Amato avrebbe ucciso la moglie Isabella Linsalata perché dal suo distorto punto di vista quello era l’unico modo per risolvere un problema: quello di vivere indisturbato con l’amante.
A cura di Anna Vagli
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Giampaolo Amato
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La drammatica storia di Giampaolo Amato, accusato di aver ucciso la moglie Isabella Linsalata, conferma ancora una volta che il delitto perfetto non esiste. Al massimo, rischia di essere impunito.

Come ha rischiato di esserlo il femminicidio di Isabella, trovata senza vita nel suo appartamento di Bologna il 31 ottobre 2021. Difatti, la sua morte era stata inizialmente derubricata come morte naturale. Poi, però, dopo quasi due anni di indagine, è arrivata la svolta.

Ed è arrivata grazie all’intuizione dei figli e della sorella di Isabella, che hanno chiesto l’autopsia dopo essersi insospettiti perché anche la loro nonna era morta nel sonno una ventina di giorni prima. Ed era risultata positiva alle benzodiazepine e al sevoflurano. Le stesse sostanze rivelatesi letali per la ginecologa bolognese. In questo senso, però, il condizionale è d'obbligo. Il collegamento tra le due morti, infatti, ancora deve essere confermato.

Isabella, che era un medico specializzato in ostetricia e ginecologia, secondo la pubblica accusa sarebbe stata uccisa da un mix di farmaci somministrati proprio dal marito Giampaolo Amato, anche lui dottore perfezionato in oftalmologia e in medicina dello sport. Il movente? Una relazione extraconiugale. Da oltre un anno il matrimonio tra i due dottori aveva subito una forte crisi e Amato si era trasferito a vivere nel suo studio al piano inferiore della loro abitazione.

Secondo quanto ricostruito fino ad oggi, quindi, Amato sarebbe stato l’ultimo a vedere la moglie viva. Dagli atti dell'inchiesta sono emersi alcuni stralci delle intercettazioni tra l'uomo e i figli. In particolare, il 5 marzo del 2022, uno dei figli della coppia chiedeva: "Com'era la mamma quella sera?". E il medico sportivo rispondeva : "Era tranquilla".

Conversazioni che, con il senno di poi, assumono connotati terrificanti. Tornando ai fatti, l'uomo, sfruttando le proprie conoscenze mediche, le avrebbe prima fatto inalare l’anestetico ospedaliero e poi le avrebbe somministrato benzodiazepine. Insomma, da sanitario aveva provato a ovviare il sistema. Ma non aveva fatto i conti con quello che è considerato uno dei capisaldi dell'investigazione tradizionale: l'intuito.

Dunque, la morte di Isabella avrebbe potuto essere inquadrata nella spinosa categoria delle indagini imperfette. Non a caso, infatti, le tracce tossicologiche sono quelle che sfuggono maggiormente perché invisibili. Ragione per la quale il ricorso alle benzodiazepine per uccidere sembra essere diventato un pericoloso trend tra gli assassini di ultima generazione.

Del resto, anche quando si parla di crimine, l'errore è sempre più difficile vista l'informazione che circola. Ma torniamo alle tracce tossicologiche. Queste ultime, oltre a essere invisibili, sono anche tracce che, non lasciando niente al caso, possono condurre a un’individuazione certa di un colpevole. Così è successo al dottor Amato, che da sabato si trova ristretto in regime di custodia cautelare.

Le accuse alla base del fermo sono quelle di omicidio volontario aggravato, di peculato, in quanto avrebbe sottratto i medicinali dall'ospedale presso cui lavorava, e di detenzione di medicinali con effetti psicotropi.

Amato e la moglie Isabella Linsalata
Amato e la moglie Isabella Linsalata

Perché Giampaolo Amato ha ucciso la moglie? Gli studi criminologici convergono tutti nella medesima direzione: i motivi che inducono a uccidere possono essere i più vari. Si uccide per soldi, per vendetta, per sesso, per convenienza e per futilità.

Dunque, che cosa alberga nella mente di tutti gli assassini? Indubbiamente, è possibile rinvenire un elemento comune. Un movente comune. Uccidere rappresenta l’unico modo per affrontare un problema. E non è importante se quest’ultimo a noi sembri serio, fondato o futile. Ciò che conta è solo il punto di vista dell’assassino.

Giampaolo Amato non rappresenta certo l'eccezione alla regola. Difatti, l'uomo avrebbe ucciso la moglie perché quello, dal suo distorto e malato punto di vista, costituiva l’unico modo per poter vivere indisturbato la nuova relazione.

Da tempo, infatti, dopo la scoperta da parte di Isabella dei tradimenti e dell’amante, la relazione tra i due si era irrimediabilmente incrinata. L’uomo si era trasferito al piano inferiore della loro abitazione dove aveva lo studio privato. E anche questo, evidentemente, gli impediva di vivere a pieno la storia d’amore con la nuova amante. Così, ha scritto il gip, Amato si sarebbe determinato nell’azione omicidiaria “Perché intrappolato in un vicolo cieco […] ostacolato com’era dal suo matrimonio con la non più giovane moglie”.

Ma vi è di più. L’attività investigativa potrebbe presto virare in un’ulteriore direzione. Quella che verterebbe sui profili di responsabilità del medico sia in relazione al decesso della suocera, che ad oggi resta sempre un caso di morte sospetta, sia con riferimento all’amante. Almeno, secondo quanto sostengono i magistrati, anche la nuova compagna avrebbe potuto correre rischi per la propria incolumità.

Giampaolo Amato aveva già tentato di uccidere Isabella? In fase di indagine, è emerso che in passato la vittima aveva denunciato accadimenti particolarmente sospetti. Lo aveva fatto confidandosi con le amiche e la sorella. Sospettava, infatti, che il marito le somministrasse a sua insaputa sostanze tossiche. Ma era ben lontana dal pensare che l'uomo che aveva sposato volesse ucciderla.

Dietro consiglio delle amiche, si era anche sottoposta alle analisi delle urine. Dalle quali era stata riscontrata nel sangue la presenza di ansiolitici che la donna non assumeva. Secondo il giudice, pero, Linsalata non aveva sporto denuncia perché "non voleva rovinare la carriera al marito, ma soprattutto l'ha fatto per il bene dei figli, così da preservarne il rapporto con il loro padre".

Ma vi è di più. Isabella Linsalata aveva raccontato di aver ingerito tisane troppo amare preparate dal marito. Ma soprattutto, in una sera di maggio del 2019, la ginecologa era stata trovata dalla sorella in uno stato confusionale, come se fosse ubriaca. Del tutto incapace di lavarsi e vestirsi. Così, preoccupata per le sue sorti, aveva conservato la bottiglia. Quella stessa bottiglia che è stata consegnata agli inquirenti. E questi ultimi, dopo averne disposto l'analisi in laboratorio, hanno riscontrato la presenza di benzodiazepine. Le stesse a cui Isabella è risultata positiva in sede autoptica.

Sulla scena del crimine le coincidenze non esistono. In questa direzione, proprio la sera antecedente a quella in cui Isabella avrebbe accusato strani malori, l'amante di Amato aveva deciso di troncare la relazione, ormai divenuta eccessivamente tossica. Il 18 maggio la donna scriveva: "Sei la causa della mia tristezza, della mia stanchezza, dei miei nervi sempre tesi […] Ti libero da questo dubbio atroce […] Tu hai scelto tua moglie".

Insomma, uno storico che denuncia a tutti gli effetti un femminicidio tanto premeditato quanto agghiacciante. E che testimonia come la volontà omicidiaria di Amato fosse tale da ripiegarsi su se stessa. Nessun ripensamento. Ma solo una pianificazione concreta, lucida e criminale. Dritta verso l’obiettivo. Eliminare l’ostacolo tra lui e la giovane amante.

In concreto, ci vuole talento criminale anche per commettere un omicidio. È imprescindibile pianificarlo in ogni minimo dettaglio. A maggior ragione se la decisione di uccidere è ponderata per anni e diventa invalidante al punto da apparire come unica scellerata soluzione ai problemi.

Amato, che davanti al giudice per le indagini criminali si è avvalso della facoltà di non rispondere, ha accuratamente architettato anche la fase successiva al delitto della moglie. Assumendo un atteggiamento manipolatorio nei confronti dei figli, tentando di depistare le indagini come meglio poteva.

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Dottoressa Anna Vagli, giurista, criminologa forense, giornalista- pubblicista, esperta in psicologia investigativa, sopralluogo tecnico sulla scena del crimine e criminal profiling. Certificata come esperta in neuroscienze applicate presso l’Harvard University. Direttore scientifico master in criminologia in partnership con Studio Cataldi e Formazione Giuridica
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