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In sedia a rotelle dopo intervento per tumore benigno: “Così la mia vita è diventata un inferno”

La storia di Sabrina Di Girolamo, rimasta tetraplegica dopo essersi sottoposta ad un intervento per la rimozione di un tumore benigno: “Avevo 36 anni e da allora la mia vita è un inferno”. La manovra sarebbe stata eseguita da un medico specializzando.
A cura di Ida Artiaco
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Immagine da Facebook.
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È rimasta tetraplegica dopo essere stata operata per la rimozione di un tumore benigno all'ospedale di Verona. Un intervento che era stato definito "a rischio e complicazioni zero". Ma da quel giorno del 2017 la vita di Sabrina Di Girolamo, titolare di un negozio di parrucchiera a Terracina e mamma di due figli, è cambiata.

Nei giorni scorsi due medici sono finiti a processo e lei e la sua famiglia riceveranno un risarcimento di un milione e seicentomila euro. Ma facciamo un passo indietro.

Come ha raccontato Sabrina al Corriere della Sera, aveva solo 36 anni quando è stata operata. Tra il 2016 e il 2017 le era stato diagnosticato un "neurinoma dell'acustico delle dimensioni complessive di circa 16 millimetri per 12, collocato in corrispondenza della fossa cranica posteriore".

Così è stata operata, ma qualcosa, proprio durante l'intervento è andato storto, anche se dal punto di vista della rimozione del neurinoma, l'operazione è risultata "perfettamente riuscita".

"Quel maledetto 22 agosto 2017 mi hanno tolto tutto, la mia vita è diventata un inferno – ha detto -. Mai e poi mai riuscirò a elaborare questa nuova realtà, nonostante siano passati quasi sei anni". Quando si è svegliata dall'anestesia, infatti, "non muovevo più gambe e braccia, anzi non le muoverò mai più". Da allora è affetta da una "gravissima tetraplegia, con impossibilità di movimento di tutti e quattro gli arti".

Secondo il giudice del Tribunale di Verona, Marzio Bruno Guidorizzi, che il 27 aprile ha disposto il processo per due medici, quella tragedia si sarebbe potuta evitare. Secondo il magistrato, "la manovra di posizionamento della paziente è stata scorrettamente eseguita, provocando il trauma che avrebbe poi determinato l'attuale condizione di tetraplegia".

La condizione irreversibile della donna sarebbe stata causata da un medico specializzando, "la cui attività avrebbe dovuto essere supervisionata dal neurochirurgo responsabile dell’intervento", assente invece durante la manovra.

Anche il giudice civile del Tribunale di Verona Luigi Pagliuca è d'accordo sul fatto che la tragedia si sarebbe potuta evitare: con la sentenza del 7 dicembre scorso (già impugnata dall’Azienda ospedaliera scaligera) ha riconosciuto a Sabrina e ai suoi familiari (assistiti dai legali Valentina Tirotta, Massimo Dal Ben e Monica Carlisi) un risarcimento-danni complessivo di oltre un milione e 600 mila euro.

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