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“Il Monviso rischia di franare per colpa del clima”: l’allarme dei geologi

L’allerta per possibili frane sul Monviso lanciata dall’Agenzia regionale per l’ambiente del Piemonte dopo il sopralluogo effettuato nei giorni scorsi a seguito dell’imponente crollo avvenuto il 26 dicembre sulla parete est durante il quale si sono già staccati circa 200mila metri cubi di roccia. Alla base dei crolli ci potrebbe essere la degradazione del permafrost.
A cura di Antonio Palma
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Il Monviso rischia di franare, a lanciare l'allarme sulla montagna più alta delle Alpi Cozie sono i geologi dell'Agenzia regionale per l'ambiente del Piemonte dopo il sopralluogo effettuato nei giorni scorsi a seguito dell'imponente crollo avvenuto il 26 dicembre sulla parete est. Secondo la reazione degli esperti dell'Arpa, infatti, il Monviso è a rischio di "possibili fenomeni importanti di frana" che potrebbero comportare il distacco di altre centinaia di migliaia di metri cubi di roccia. "Considerata la marcata fratturazione dell'ammasso roccioso nel settore già interessato dal crollo, è probabile che la parete non abbia ancora raggiunto un equilibrio", hanno scritto i geologi nella loro relazione. Principale imputato di questa situazione critica  della montagna sono i cambiamenti climatici che starebbero trasformando completamente la conformazione della roccia.

Frane e crolli Monviso: colpa dei cambiamenti climatici

Secondo gli esperti, infatti, alla base dei crolli sul Monviso, oltre alla fratturazione della roccia, ci potrebbe essere la degradazione del permafrost, lo strato perennemente gelato che si sta sciogliendo a causa delle temperature sempre più alte  raggiunte negli ultimi tempi anche in quota . "Il settore di parete dove si è sviluppata la frana aveva già dato segnali di attività nel passato, come testimoniano i numerosi blocchi di grandi dimensioni presenti alla sua base; in particolare, dal confronto tra le fotografie aeree, si osserva un netto aumento dei massi nel periodo successivo al 2010″ spiegano i tecnici dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale , aggiungendo: "Tenendo conto della quota e dell'esposizione del settore di parete crollato, si può ipotizzare che, oltre alla fratturazione della roccia, la degradazione del permafrost abbia rivestito un ruolo determinante nell'innesco del processo".

Monviso a rischio frane,  già staccati 200mila metri cubi di roccia

"Nel corso del sopralluogo e ancora nei giorni successivi si è constatata una residua attività della zona con crolli di piccole dimensioni. Considerata la marcata fratturazione dell’ammasso roccioso è probabile che la parete non abbia ancora raggiunto un equilibrio e quindi che siano ancora possibili fenomeni importanti di frana" concludono i  geologi, ricordando che a dicembre si sono già staccati circa 200mila metri cubi di roccia quando la frana ha interessato la sommità del Torrione del Sucai, indicativamente alla quota di 3200 metri s.l.m. sviluppandosi fino circa a quota 2800 metri con una'ampiezza della fascia rocciosa coinvolta di circa 45-55 metri.

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