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Il governo potrebbe tagliare fondi per disabili e centri antiviolenza

Il 23 febbraio è stato siglato un accordo in Conferenza Stato Regioni che prevede che “per il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica” vengano decurtati il Fondo per la non autosufficienza e quello per le Politiche Sociali – che finanzia gli asili nido, le famiglie in stato di necessità, l’assistenza dominciliare e anche i centri antiviolenza.
A cura di Claudia Torrisi
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Tra le ragioni dello sciopero delle donne indetto per domani, in Italia c'è anche la salvaguardia dei Centri antiviolenza, costantemente a rischio chiusura e a corto di fondi. Eppure su quel settore – e sul sociale in generale – la direzione sembra essere quella di continuare a tagliare: il 23 febbraio è stato siglato un accordo in Conferenza Stato Regioni che prevede che "per il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica" vengano decurtati il Fondo per la non autosufficienza e quello per le Politiche Sociali.

Il primo serve a garantire l'assistenza a disabili gravissimi e anziani indigenti e passerà da 500 a 450 milioni: gli vengono sottratti, sostanzialmente, i 50 milioni che erano stati assegnati con il dl Sud. A uscirne praticamente decimato è il Fondo per le politiche sociali: da 313 milioni di euro passa a 99,7, ne resta meno di un terzo.

Secondo il Forum del Terzo Settore si tratta di "un atto gravissimo, peraltro deciso senza coinvolgere il ministero del Lavoro e delle Politiche Social, che avrebbe pesanti conseguenze per i cittadini e le famiglie che si trovano in condizioni di forte disagio e che quindi hanno più bisogno del sostegno delle istituzioni. La spesa sociale italiana necessiterebbe di maggiori investimenti per rafforzare le misure di inclusione sociale delle persone svantaggiate, non certo di tagli che minacciano la realizzazione di servizi sociali di base e rappresentano inaccettabili passi indietro".

Il possibile taglio è stato confermato dal sottosegretario al Lavoro e Politiche sociali, Luigi Bobba, che ha risposto in Commissione Affari Sociali a un'interrogazione presentata dalla deputata del Partito democratico Donata Lenzi che chiedeva conto delle riduzioni.

Al riguardo, faccio presente che nel corso della Conferenza Stato Regioni del 23 febbraio scorso, è stata raggiunta l'intesa tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi di quanto previsto dalla legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 2015) concernente il contributo alla finanza pubblica delle Regioni a Statuto ordinario per l'anno 2017. Secondo i termini di tale intesa, le Regioni contribuiscono agli obiettivi di finanza pubblica fissati nelle norme citate della legge di stabilità 2016 anche a valere sui trasferimenti dallo Stato alle Regioni per un ammontare pari a circa 485 milioni. Tra questi trasferimenti risultano anche i Fondi citati dall'interrogante nelle dimensioni riportate.

Bobba ha anche spiegato che la decisione sarebbe stata presa senza il coinvolgimento del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, consultando solo quello dell'Economia e le Regioni.

Il Fondo per le politiche sociali finanzia gli asili nido, le famiglie in stato di necessità, l'assistenza dominciliare e anche i centri antiviolenza. Quest'ultimo aspetto non è senza conseguenze, e non solo perché siamo a ridosso dell'8 marzo. Appena pochi giorni fa l'Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per non aver protetto una donna e il figlio da un marito violento: secondo i giudici le autorità italiane "non agendo prontamente in seguito a una denuncia di violenza domestica fatta dalla donna, hanno privato la denuncia di qualsiasi effetto creando una situazione di impunità che ha contribuito al ripetersi di atti di violenza, che in fine hanno condotto al tentato omicidio della ricorrente e alla morte di suo figlio". Dopo ripetute aggressioni, la donna si era rifugiata in una casa protetta, ma dopo tre mesi era dovuta rientrare nell'appartamento dove viveva con il marito, perché non c'erano più fondi per l'accoglienza. E invece si pensa a tagliare, ancora.

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