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Il gelo demografico spopolerà il Nord: senza migrazioni -2,3 milioni di abitanti entro il 2040

Entro il 2040, tra soli 16 anni, il nord Italia registrerà un saldo negativo di 2,3 milioni di residenti rispetto all’attuale: si passerà dai 27,4 milioni di abitanti del 2023 a 25,1 milioni.
A cura di Davide Falcioni
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La crisi demografica italiana non accenna ad attenuarsi. Anzi, senza una significativa inversione di tendenza – con nuove migrazioni e un repentino quanto improbabile boom delle nascite – il rischio è quello di una vera e propria "glaciazione demografica" che provocherà da qui al 2040 un calo della forza lavoro, una forte flessione del mercato interno, quindi più bassi consumi e investimenti inferiori.

Un futuro distopico quello fotografato dalla Fondazione Nord Est, con uno studio che ha rielaborato i dati demografici Istat 2023. Sarà soprattutto il Nord Italia a farne le spese: entro il 2040, tra soli 16 anni, il Settentrione registrerà un saldo negativo di 2,3 milioni di residenti rispetto all'attuale: si passerà dai 27,4 milioni di abitanti del 2023 a 25,1 milioni.

Quali regioni perderanno più abitanti

Gli effetti saranno evidenti specie in Lombardia (-673mila), Piemonte (-493mila) e Veneto (-387mila). Nel Nord-est la riduzione sarà di 939mila persone, nel Nord-ovest di 1,4 milioni. La discesa assoluta sarà fin da subito rapida: -143mila unità all'anno nei prossimi sette anni nel Nord Italia; poi si attenua a -133mila nei successivi dieci. Il minor scarto nella seconda parte del periodo si spiega con l'ipotesi ‘eroica' – la definiscono gli studiosi – di un aumento delle nascite annue; un salto di 11mila unità tra il 2023 e il 2030, e di 23mila tra il 2023 e il 2040.

Le conseguenze del calo demografico

Senza questo (improbabile) aumento, con la natalità ferma ai valori 2023, la flessione accelererebbe ulteriormente, e si aggiungerebbero alla diminuzione altre 385mila persone. Gli effetti territoriali ed economici di questa ‘glaciazione' saranno importanti: la diminuzione della popolazione non sarà uniforme; saranno i centri più remoti ed isolati, con minori servizi (sanità, scuole) e più basse prospettive di lavoro e vita sociale a pagare il conto più salato. L'abbandono di questi luoghi farà venire meno, ad esempio, la manutenzione dei boschi e dei terreni, con conseguente aumento del rischio idrogeologico. Meno abitanti avrà conseguenze sul mercato interno, dunque più bassi consumi ma anche investimenti inferiori. Si produrrà una ricomposizione della piramide per età della popolazione, con aumento degli anziani e diminuzione dei giovani; il mercato immobiliare subirà un forte contraccolpo, così come l'accumulo dei risparmi privati. La ‘glaciazione' influirà naturalmente sui consumi: meno pannolini per neonati, più ausili sanitari per i vecchi.

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