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La morte di Manuela Murgia

Il caso di Manuela Murgia, cosa sappiamo sulla ragazza di 16 anni trovata morta a Cagliari nel 1995

Cosa sappiamo sul cold case di Manuela Murgia, che a 16 anni nel febbraio del 1995 scomparve nel nulla e fu trovata cadavere il giorno dopo in un dirupo nel Canyon di Tuvixeddu, a Cagliari. A 29 anni da quei tragici fatti i familiari hanno chiesto e ottenuto la riapertura del caso perché non credono che si sia suicidata. Verranno effettuati nuovi esami.
A cura di Ida Artiaco
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Manuela Murgia.
Manuela Murgia.
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Era il 4 febbraio 1995 quando Manuela Murgia, all'epoca 16enne, scomparve senza lasciare traccia. Fu ritrovata morta il giorno dopo in un dirupo nel Canyon di Tuvixeddu, a Cagliari, dopo una telefonata anonima. Il caso fu archiviato come suicidio, ma la famiglia non ci ha mai creduto: per loro Manuela è stata uccisa.

I parenti della giovane sono venuti in possesso di tutte le carte delle indagini solo alla fine dello scorso anno e da allora hanno intrapreso una battaglia in cerca della verità ritenendo che vi siano molti elementi contraddittori e soprattutto molti punti oscuri mai chiariti. Le indagini, in particolare, non riuscirono "ad accertare le circostanze e le cause della morte della Murgia", scrivevano i magistrati nel fascicolo a 3 anni dai fatti, lasciando aperte diverse ipotesi: "evento accidentale, dolo di terzi o addirittura investimento stradale colposo con successivo occultamento del cadavere". Nel 2012 il caso venne riaperto per alcuni mesi e poi richiuso dai magistrati che non valutarono sostanziali novità.

Ma a 29 anni da quei fatti è finalmente arrivata la svolta sul caso, che è stato riaperto di recente grazie alla perizia del medico legale Roberto Demontis che ha evidenziato la possibilità che Murgia fosse stata violentata e successivamente investita da un'auto. La famiglia ha sempre rifiutato l'ipotesi del suicidio e la nuova perizia ha sollevato dubbi sulla figura di Enrico Astero, ex fidanzato della ragazza e oggi 54enne. L'uomo è indagato ora con l'accusa di omicidio volontario

La scomparsa di Manuela Murgia il 4 febbraio 1995

Manuela Murgia scomparve il 4 febbraio del 1995, quando aveva 16 anni. La ragazza uscì dalla sua abitazione nel quartiere Is Mirrionis, in cui viveva con i genitori e tre fratelli, e si allontanò a mezzogiorno, lasciando sul tavolo il cordless, un rossetto e un profumo, senza fare più ritorno. Il giorno successivo arrivò una telefonata anonima alla polizia locale: "C'è una ragazza senza vita nella gola di Tuvixeddu". Era proprio Manuela.

Il ritrovamento del corpo nella gola del Tuvixeddu

Il 5 febbraio il corpo senza vita della 16enne venne ritrovato proprio nel Canyon di Tuvixeddu, ai piedi di una rupe alta 30 metri, un luogo "che Manuela non conosceva, che non poteva assolutamente essere conosciuto da una ragazza", secondo i familiari. I genitori e i fratelli sin da allora non hanno mai creduto alla tesi del suicidio. Molti gli elementi che non li convincevano, tra cui la suola della scarpa pulita, i segni di violenza sul corpo e, in particolare, quelli sul collo. Per altro, sempre secondo i familiari, quell'area era recintata perché è zona militare, abitata da famiglie della Marina militare, ma nessuno fu sentito dagli inquirenti.

Le indagini e l'autopsia: i tagli sulla schiena e il semolino

Sin da subito il caso risultò di difficile soluzione. In particolare, hanno sottolineato i familiari, a far pensare che Manuela sia stata uccisa ci sono una serie di elementi tra cui i tagli rinvenuti sulla schiena, nonostante i suoi vestiti siano stati ritrovati intatti. Per di più, pare ci fossero anche segni di una colluttazione precedente. "Questo è evidente perché tutti i segni, i tagli e gli ematomi, causati da un corpo contundente, sono sulla parte posteriore ma Manuela è stata trovata prona e senza danni in zona facciale", hanno fatto sapere i parenti.

Non si sa tuttavia se la giovane abbia subito o meno violenza sessuale prima del decesso. Inoltre, nello stomaco della 16enne sarebbero state trovate tracce di semolino, che però non mangiò a casa prima della scomparsa. Manuela mangiò la minestra tra le 14:30 e le 15 mentre l'ora della morte è stata collocata tra le 18 e le 20.

L'ultimo avvistamento: la testimonianza della madrina

A non convincere i familiari rispetto alla tesi del suicidio è anche la testimonianza della madrina di una delle sorelle di Manuela, Elisa. La donna avrebbe visto Manuela il giorno della scomparsa in un'auto blu metallizzata con un uomo. Manuela aveva un fidanzato, di 8 anni più grande di lei, ma lui dichiarò che non si vedevano da 10 giorni perché avevano deciso di interrompere la loro relazione.

Il caso di Manuela è aperto: attesa per i nuovi esami

Alla luce di tutte le contraddizioni emerse, la famiglia di Manuela ha chiesto la riapertura del caso a 29 anni dalla sua morte. "Vogliamo giustizia per nostra sorella, non si è suicidata. Il caso deve essere riaperto: vogliamo la verità" è l’appello lanciato. Per i parenti ci sono molti elementi da analizzare, alla luce delle nuove tecniche investigative, dai vestiti intonsi, nonostante la caduta, alle ferite alla schiena, dalle testimonianze fatte a quelle mancanti di persone che avrebbero potuto parlare.

E così è stato: lo scorso 30 maggio è arrivata la svolta con l'iscrizione nel registro degli indagati di Enrico Astero, ex fidanzato della ragazza e oggi 54enne, con l'accusa di omicidio volontario. L'incidente probatorio è cominciato il 7 luglio 2025. Nuove analisi in corso effettuate dai Ris di Cagliari hanno rivelato la presenza di tracce di sangue e residui biologici sui vestiti di Manuela, compresi jeans, slip, calze, leggings, reggiseno, un fermacapelli elastico, un pezzo di cintura, stivaletti in pelle, un maglioncino, la giacca e la busta che li conteneva. Sarà ora la classificazione del Dna la fase decisiva: comparare i profili genetici con quelli dell’unico indagato.

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