Il capoclan di Gela e l’amore nato tra le sbarre: la storia di Davide Emmanuello, boss al 41 bis

Può un capoclan di Cosa Nostra, detenuto da oltre trent’anni in regime di carcere duro, vivere un sentimento d’amore autentico? Sì, a giudicare da una sentenza della Corte di Cassazione (e poi perché dovrebbe essere altrimenti?). Ed è la storia di Davide Emmanuello a raccontarlo: l'ex boss di Gela, 60 anni, rinchiuso al 41 bis dal 1993, ha ottenuto il diritto a un colloquio visivo con Clare Holme, 55 anni, cittadina italo-britannica di Modena. Un amore nato tra le righe di migliaia di lettere e cresciuto nel tempo, fino a trasformarsi in una relazione sentimentale riconosciuta anche dalla giustizia.
Chi è Davide Emmanuello
Davide Emmanuello è un nome pesante nella storia criminale siciliana. Boss storico della famiglia mafiosa di Gela, è detenuto ininterrottamente da oltre trent’anni con condanne definitive per associazione mafiosa e altri reati. Da sempre considerato un elemento di vertice di Cosa Nostra nel territorio gelese, è sottoposto al regime del carcere duro previsto dall’art. 41 bis, che prevede isolamento quasi totale, con pesanti restrizioni ai contatti esterni, anche familiari.
Nel tempo, Emmanuello è diventato anche protagonista di singolari battaglie legali. Fece discutere, anni fa, il divieto impostogli di leggere "Il nome della rosa" di Umberto Eco per via della rilegatura rigida ritenuta potenzialmente pericolosa. Nel 2015, in una lettera, citava Aristotele per sostenere la sua innocenza: "Tra la verità e l'errore c'è uno spazio intermedio dominato dal verosimile, dall'incerto, dall'opinabile".
La battaglia giudiziaria e l’amore
L’ultima battaglia legale, però, Emmanuello l’ha vinta. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del Ministero della Giustizia, confermando quanto già deciso dal Tribunale di sorveglianza: il detenuto ha diritto a un colloquio visivo con Clare Holme. La donna è del tutto estranea a contesti criminali ed è impegnata da anni in progetti per il reinserimento dei detenuti. Con Emmanuello si scrive da ben 17 anni.
"Con Davide ci scriviamo dal 2008 e solo qualche anno fa mi disse di usare strumenti per dimostrare la sua innocenza. È stata una grande emozione riuscire a vederlo per la prima volta lo scorso maggio, quando per due ore abbiamo potuto dirci quanto ci vogliamo bene. L'ho conosciuto perché facevo parte di varie associazioni per reinserimento dei detenuti in carcere. Quando l'ho visto ho pensato alla speranza", ha raccontato Clare Holme all’ANSA.
I giudici hanno riconosciuto il valore del legame epistolare e affettivo instaurato tra i due, giudicandolo meritevole di tutela anche nell’ottica di un percorso trattamentale. La Cassazione ha sottolineato l’obbligo di "bilanciare concretamente le esigenze di affettività del soggetto ristretto con quelle di sicurezza pubblica", concludendo che, in questo caso, il diritto all’affetto può e deve trovare uno spazio.
Emmanuello resta detenuto al 41 bis, considerato ancora pericoloso. Ma, per la prima volta dopo diciassette anni di lettere, ha potuto incontrare Clare Holme: due ore di colloquio che per lui segnano un’apertura rara nel suo lungo stato di isolamento. "Non incontrare nessuno significa non parlare con nessuno. Non parlare con nessuno significa che nessuno riceve le mie parole. Non parlare per vent’anni con nessuno porta solo a uno stato d’isolamento che non può conciliarsi con la logica di un capo al comando", scriveva il boss dieci anni fa. Oggi, le sue parole non restano più chiuse dietro una busta. Dopo anni di solitudine, l’amore epistolare tra le mura del carcere si è fatto reale.