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I nonni hanno il diritto di vedere i nipoti, Corte europea condanna giustizia italiana

Per oltre 12 anni non hanno potuto incontrare la nipotina a causa di una decisione del Tribunale dei minori di Torino. Ma secondo i giudici di Strasburgo, le autorità competenti “non hanno fatto tutti gli sforzi necessari per salvaguardare il legame familiare”.
A cura di Biagio Chiariello
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I nonni hanno il diritto di vedere i nipoti. Quella della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo è una decisione che punisce il sistema giudiziario italiano, dando ragione a due coniugi torinesi di  72 e 78 anni che non hanno potuto vedere la nipotina per ben 12 anni. I giudici europei hanno anche stabilito un risarcimento di 16mila euro che l’Italia dovrà versare come danni morali ai due nonni.  Il caso risale al 2002, quando la madre della bimba, nuora della coppia, chiede il divorzio dal marito, padre della bimba e figlio dei ricorrenti, accusato subito dopo di aver abusato sessualmente della piccola.

In un primo momento il tribunale dei minori di Torino ordina ai servizi sociali di mettere in atto i provvedimenti per ripristinare i rapporti tra nonni e nipote, nel momento in cui il padre della piccola è stato prosciolto nel 2006 “perché il fatto non sussiste”, ma successivamente gli stessi giudici stabiliscono, sulla base delle analisi effettuate dai servizi sociali e dagli psicologi, che ai nonni doveva essere vietato di vedere la nipote, perché la piccola li associava a quanto riteneva di aver subito dal padre. Secondo la psicologa della bambina, questa "mostrava paura e angoscia nei confronti del padre e, associando i nonni al padre, non era pronta a incontrarli".

La sentenza della Corte di Strasburgo

Nel 2009 il ricorso dei nonni è stato respinto dalla Corte di cassazione. Oggi arriva la sentenza della corte di Strasburgo che da ragione ai nonni. Per i giudici europei le autorità italiane “non hanno compiuto gli sforzi adeguati e sufficienti per preservare il rapporto di parentela” tra i nonni e la bambina. La Corte di Strasburgo, se da un lato riconosce che è “necessaria una grande cautela in situazioni come questa e che le misure di protezione del minore possono comportare la limitazione dei contatti con i familiari”, dall'altro ritiene che le autorità responsabili “non hanno fatto gli sforzi necessari per salvare il legame familiare e non hanno reagito con la dovuta diligenza”.

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