“Ho pagato 1,5 euro in più per i pomodorini tolti dalla pizza”, lo scontrino-polemica della nuotatrice Di Liddo

"Pagare 1,50 euro per una cosa che non ho neanche mangiato è veramente triste e a tratti vergognoso. Al limite del legale?". La nuotatrice Elena Di Liddo (4 ori tra Giochi del Mediterraneo e Universiadi) ha acceso una polemica sui social dopo aver condiviso la foto dello scontrino ricevuto in una pizzeria di Bisceglie, in Puglia. Nella ricevuta compare una voce che ha lasciato perplessi molti utenti: “no pomodorini” – ovvero la semplice richiesta di rimuovere un ingrediente dalla pizza – tariffata 1,50 euro.
Nella sua storia Instagram, l’atleta ha spiegato di non aver mangiato affatto i pomodorini e di essersi vista comunque addebitare la cifra extra. Un importo che, a suo avviso, non trova giustificazione. La stessa Di Liddo, prima di entrare nel merito del caso, aveva ironizzato su altre differenze tra Nord e Sud, come l’acqua al bar a pagamento insieme al caffè, per poi sottolineare che qui si trattava di ben altro: non un servizio aggiuntivo, ma un elemento tolto dal piatto.
"Da Napoli in su se prendi un caffé al bar e ti fanno pagare il bicchiere d'acqua, il meridionale rimane un attimo scosso da un gesto che per noi è quasi scontato (e stiamo parlando di acqua… Ma sedermi in pizzeria (a Bisceglie) e pagare 1,50 euro per una cosa che non ho neanche mangiato (in questo caso i pomodorini tolti dalla pizza) è veramente triste e vergognoso", ha scritto, accompagnando le parole con l’immagine dello scontrino e sottolineando come, a suo parere, certe prassi lascino l’amaro in bocca più del conto stesso. "Al limite del legale?" scrive poi in maiuscolo.

Non è il primo episodio di scontrini “anomali” che finiscono online e fanno discutere. Negli ultimi anni, in Italia si sono moltiplicati i casi di clienti che hanno denunciato costi extra per richieste particolari, dal taglio di un toast a metà al supplemento per un cucchiaino in più di gelato. Questi episodi, spesso amplificati dai social, sollevano ogni volta la stessa domanda: dove finisce la legittima politica dei prezzi e dove inizia l’eccesso che rischia di compromettere il rapporto di fiducia con il cliente?