Gli attivisti della Freedom Flotilla tornati in Italia: “Buttati sul cemento, ammanettati e bendati”

Sono rientrati in Italia alcuni degli attivisti italiani bloccati da Israele mentre erano a bordo delle navi della Freedom Flotilla Coalition, il secondo gruppo di imbarcazioni che nei giorni scorsi ha tentato di violare il blocco israeliano a Gaza per portare aiuti umanitari.
Tre attivisti sono arrivati nel pomeriggio di ieri a Roma con un volo della Turkish Airlines partito da Istanbul: sono Elisabeth Di Luca, 40enne educatrice in emergenza originaria del messinese, Stefano Argenio, infermiere di 42 anni, e Lorenzo Mollicone, 26enne inviato del mensile Scomodo. Gli attivisti stati accolti dagli applausi di decine di persone che li aspettavano in aeroporto, con bandiere e al grido di "Palestina libera".

Altri tre attivisti della Flotilla – Claudio Giuseppe Torrero, Riccardo Corradini e Francesco Prinetti – sono arrivati a Torino. "Siamo felici di essere qua. Gli israeliani ci hanno trattati peggio di come si immagina, c'è una crudeltà sottile: in Israele sta avvenendo qualcosa che fa molto pensare a brutte cose del passato, fa pensare sta avvenendo una trasformazione mostruosa, lo abbiamo percepito chiaramente", le parole di uno di loro.

I tre hanno raccontato di essere stati "buttati sul cemento in ginocchio, ammanettati e bendati tanto stretti da fare male" e poi, "portati in una specie di campo di concentramento e messi per terra dentro una gabbia". "Ci deridevano, ci insultavano, gridavano che l'Italia fa schifo e Israele è grande".
E ancora, altri racconti in linea con quelli degli attivisti della Global Sumud Flotilla bloccati prima di loro: "La notte venivano quelle cinque o sei volte in assetto antisommossa accendendo le luci, armati fino ai denti. L'umanità non sembra fare parte delle carceri di massima sicurezza israeliane".

"Siamo stati sequestrati per più di 12 ore all'interno della nostra nave, scesi dall'imbarcazione sono iniziati i soprusi, siamo stati umiliati e siamo rimasti inginocchiati per più di un'ora, ammanettati senza motivo", il racconto di Stefano Argenio, che però pone l'attenzione sulla missione della Flotilla. "Quello che è accaduto a noi – ha detto davanti alle telecamere – è infinitesimale rispetto a quello che accade a Gaza. Lo scopo della nostra missione era quello di aprire un corridoio umanitario permanente, toccare le sponde di Gaza e dare un aiuto fattivo ai nostri colleghi sanitari che sono li a lavorare da due anni a questa parte".