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Giornata mondiale del malato, viaggio negli hospice d’Italia: “Con loro fino alla fine”

Fanpage.it ha intervistato Stefania Bastianello, presidente della Federazione nazionale Cure Palliative, in occasione della Giornata mondiale del Malato, che si celebra l’11 febbraio, per fare il punto della situazione sugli hospice in Italia: “Noi ci occupiamo di vita, non di morte, perché accompagniamo il malato nell’ultima fase della sua esistenza. Ci sono 277 strutture su tutto il territorio nazionale per un totale di 2963 posti letto: ecco come funzionano”.
A cura di Ida Artiaco
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La cronaca degli ultimi giorni ha riacceso i riflettori sugli hospice, le strutture residenziali dedicate alle cure palliative. "Inutile dar soldi agli hospice, tanto lì la gente muore", aveva detto alla fine dello scorso mese di gennaio Carmine Passalacqua, consigliere di maggioranza di Forza Italia e presidente della Commissione Cultura del Comune di Alessandria, che aveva chiesto di non fare più raccolte a favore de "Il Gelso", sollevando una serie di polemiche, con la minoranza che ne aveva chiesto addirittura le dimissioni. Ma cosa sono gli hospice? E quanto costa realmente agli organi preposti occuparsi dei pazienti che vengono ospitati in queste strutture? Fanpage.it ha chiesto a Stefania Bastianello, presidente della Federazione nazionale Cure Palliative, di fare il punto sullo stato dell'arte di questo settore in Italia in occasione della Giornata Internazionale del Malato, che si celebra oggi, 11 febbraio, in tutto il mondo.

Dott.ssa Bastianello, quanti sono oggi gli hospice nel nostro Paese? 

"Oggi in Italia abbiamo 277 hospice per un totale di 2963 posti letto. La maggior parte sono collocati nel Nord Italia, soprattutto in Lombardia dove, anche per una questione numerica, ce ne sono di più, mentre nelle regioni del Sud c'è una minore concentrazione. Si tratta di strutture diverse dai reparti ospedalieri o dalle residenze per anziani anche dal punto di vista materiale, perché ci sono pochi posti letto, massimo dieci o dodici, ogni ammalato ha diritto ad una propria stanza in cui può restare anche l'accompagnatore e gli ambienti sono molto accoglienti, con colori tenuti e spazi comuni molto grandi".

A livello di tariffe, quanto costa ad un ammalato essere ospitato in un hospice?

"Gli hospice sono nella maggior parte dei casi delle strutture pubbliche o private accreditate con il Sistema sanitario nazionale che, come per gli ospedali, riconosce una tariffa giornaliera. La legge 38 del 2010, che è la legge nazionale che regola le cure palliative e che per altro quest'anno compie 10 anni, prevederebbe che venisse redatto un decreto proprio sulle tariffe, in modo da omogeneizzarle su tutto il territorio nazionale ma siamo ancora in attesa e quindi ci sono al momento dei costi diversi da regione a regione. In Lombardia, ad esempio, che è la regione con il maggior numero di hospice in Italia, la tariffa giornaliera è di 264 euro. Ciò vuol dire che il cittadino che accede all'hospice lo fa in maniera totalmente gratuita. C'è anche da aggiungere che il mondo del terzo settore, del volontariato, aiuta molto queste strutture perché copre parte dei costi con le raccolte fondi per la loro gestione quotidiana".

Spesso si fa confusione tra hospice, cure palliative e domicilio. Che differenze ci sono?

"Prima di tutto, non dobbiamo identificare le cure palliative solo con l'hospice, perché anzi il luogo che più deve essere potenziato è il domicilio. Quello di stimolare le istituzioni affinché vengano stanziati fondi per potenziare le cure palliative domiciliari perché molte persone desiderano vivere il tempo della loro malattia e del loro fine vita a casa propria è anche uno degli obiettivi della nostra Federazione. Vorrei poi sottolineare che le cure palliative non sono solo per i malati terminali, come erroneamente si crede, ma per tutti coloro che abbiano una patologia inguaribile".

Chi può accedervi?

"Ci sono ovviamente delle condizioni per accedervi. Ad esempio, nel caso in cui il domicilio non può essere un luogo idoneo, se gli spazi non sono adeguati, se non c'è un familiare che se ne prende cura, il cosiddetto caregiver oppure quando quest'ultimo ha materiali difficoltà, quindi è anziano o egli stesso ammalato. Ci sono poi delle persone che scelgono consapevolmente di non voler restare a casa propria ma normalmente la decisione tra domicilio e hospice viene preso a seguito di un colloquio con coloro che si occupano di cure palliative, tra medici e assistenti sociali. C'è una lista di attesa ma i tempi sono molto brevi. Ci si può rivolgere generalmente per avere informazioni al proprio medico di medicina generale, alla Asl di riferimento o alle associazioni di volontariato".

Da quali patologie sono affetti i pazienti che accedono agli hospice?

"Ad oggi la stragrande maggioranza delle persone che accede sia agli hospice che alle cure palliative domiciliari è affetta da cancro. Trenta anni fa, d'altronde, le cure palliative sono nate in Italia proprio per il malato oncologico. Ma oggi, e lo dice l'Organizzazione mondiale della Sanità, il bisogno è completamente ribaltato, dal momento che questo tipo di pazienti rappresenta soltanto il 40% del totale. Molti hanno scompenso d'organo, come quello cardiovascolare, altri malattie respiratorie o il Parkinson e ancora patologie neurologiche.

Cosa si sente di dire al consigliere di Alessandria che aveva definito "inutile" dare i soldi agli hospice?

"Io ho già scritto una lettera molto forte al consigliere Passalacqua e il sindaco di Alessandria. Ho detto chiaramente che le sue parole sono state arroganti e ignoranti, che non conosceva l'argomento di cui parlava. Tutti avremo bisogno di cure palliative un giorno, in virtù dell'invecchiamento della popolazione e dei cambiamenti demografici. I suoi sono solo pregiudizi, così come avviene spesso nel nostro Paese, dove parlare di morte e di malattia è sempre difficile. Il nostro compito è quello di alfabetizzare il cittadino su queste tematiche. Noi ci occupiamo di vita, non di morte, perché accompagniamo il malato nell'ultima fase della sua esistenza. Per questo, chi lavora e fa volontariato in strutture del genere sa che è un impegno delicato, perché si entra in intima connessione con l'altro".

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