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Fidanzati uccisi a Pordenone, un’amica di Trifone rivela: “Il papà di una sua ex lo minacciava”

Al processo per il duplice omicidio di Trifone Ragone e Teresa Costanza che vede imputato Giosuè Ruotolo ha testimoniato tra gli altri una ragazza che aveva avuto una relazione con il giovane ucciso. La donna ha detto che il militare avrebbe subito delle minacce in passato.
A cura di Susanna Picone
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Dopo le udienze dedicate a Giosuè Ruotolo, il militare campano unico sospettato del duplice delitto dei fidanzati di Pordenone, al processo per gli omicidi di Trifone Ragone e Teresa Costanza sono intervenuti davanti alla Corte d’assise di Udine diversi testimoni tra cui una donna convocata dalla difesa del giovane campano. Si tratta di una ragazza che aveva avuto una relazione con Trifone Ragone prima che il militare conoscesse Teresa Costanza. “Trifone mi ha parlato della ragazza che aveva in Puglia, mi ha detto che era molto ricca. Mi ha detto che doveva decidere di sposarla o di lasciarla e siccome non voleva sposarsi voleva lasciarla. Ma mi disse che il papà di lei, avendo tanti soldi, lo minacciava che se la lasciava finiva male, sua figlia non doveva soffrire. Mi disse anche che lei gli diceva che se scopriva che la tradiva andava a finire male, gli diceva o con lei o con nessuno”, è quanto – secondo quanto ricostruiscono i quotidiani locali – la ragazza ha detto in aula. La teste, che ha chiesto alla stampa di non rendere pubblico il suo nome, ha raccontato il suo rapporto con il giovane ucciso a Pordenone. “Non credevo ci fosse un fondamento, non era molto preoccupato – ha spiegato lei -. Non credevo quasi a niente di quello che mi diceva”. La ragazza ha detto anche di essere stata un paio di volte nell’appartamento di Pordenone in via Colombo e di aver conosciuto Ruotolo e un altro coinquilino. “Mi ha presentato – ha aggiunto parlando di Trifone -. Era sempre contento, non mi ha mai parlato di contrasti e litigi nell’appartamento”.

Un collega di Ruotolo: "Non l'ho mai visto con il labbro rotto" – Oltre all’amica di Trifone ieri davanti alla Corte d’Assise di Udine gli avvocati hanno chiamato a testimoniare anche un collega di Ruotolo, il sergente Vincenzo Virgilio. Quest’ultimo ha parlato dell’imputato come di una persona molto riservata, che in ufficio teneva una condotta esemplare e che era bravo in informatica. Ha inoltre detto di non aver mai visto sue reazioni spropositate né di averlo notato “con il labbro rotto, un’abrasione a uno zigomo o una fasciatura al polso”. Nel corso dell’udienza è stato ascoltato poi un ragazzo che frequentava la stessa palestra delle due vittime, il quale ha detto che “Teresa e Trifone erano stati accolti come in famiglia, erano sempre con il sorriso”.

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