Droga a Perugia, nei negozi appare un adesivo: “Non si commercia con chi spaccia”

“Non si commercia con chi spaccia”, è questa la scritta che appare su alcuni adesivi che diversi negozianti del centro storico di Perugia hanno già deciso di mettere in mostra dinanzi ai loro locali. Un ingresso vietato dunque agli spacciatori, a chi porta la droga in città e la rende ogni giorno meno sicura. È la provocazione di un gruppo di padri di famiglia che, come racconta Il Messaggero, un anno fa si sono riuniti su Facebook per iniziare a parlare del problema droga nella città e che oggi si sono decisi a lanciare una sfida. Ai negozianti del centro storico, appunto, hanno proposto un adesivo che dice che i soldi della droga non devono entrare. L’anima di questa sfida è Tommaso Morettini, assicuratore, che ha sintetizzato la loro guerra alla droga con uno slogan: “Dobbiamo riconquistare la città”. Una guerra necessaria dato che la città di Perugia appare sempre più di proprietà degli spacciatori, con il centro storico diviso da dieci bande. Zone che ora hanno il nome dei quartieri di Tunisi. Droga che ha spinto tanti esercizi a chiudere, che ha spinto la stessa popolazione a chiudersi in casa la sera. Che permette agli spacciatori di agire indisturbati, di vendere la droga di qualità migliore e al miglior prezzo oggi in Italia.
Lo sforzo della città contro la droga – “Restano aperti solo pochi coraggiosi locali su Corso Vannucci a sfidare le incursioni degli spacciatori tunisini”, racconta Nino Cirillo su Il Messaggero. Il prefetto Vincenzo Cardellicchio ha parlato dello “sforzo pesantissimo” che le forze dell’ordine stanno facendo contro la droga, con Polizia e Carabinieri che torneranno a presidiare il centro storico. E della droga di Perugia ha parlato anche il sindaco Wladimiro Boccali, nelle sue parole emerge anche il disagio di un problema che in passato è stato sottovalutato: “Qui non abbiamo le periferie degradate, non abbiamo lo Zen. Questa droga che si consuma a tutti i livelli, dallo studente al manager, dal ragazzino al professionista, alla fine crea un disagio sociale ridotto. Dovremmo puntare su un altro discorso: la roba che invade Perugia è eticamente incompatibile”.