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Don Luca Favarin, il prete di migranti, gay e prostitute, è stato sospeso dalla Curia di Padova

La sospensione arriva dopo lunghe polemiche con la Diocesi, secondo la quale l’ormai ex sacerdote non avrebbe mai concordato le iniziative di accoglienza messe in campo in questi anni.
A cura di Davide Falcioni
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Don Luca Favarin, il prete dei migranti e dei richiedenti asilo che gestisce un centro di accoglienza e si occupa del ristorante equo solidale Strada Facendo, è stato sospeso a divinis dalla Curia. La notizia era nell'aria da qualche giorno ma l'ufficialità è arrivata solo ieri ed è stato stato lo stesso protagonista a rendere pubblica la notizia sulla sua pagina Facebook. Don Luca non potrà amministrare i sacramenti, il che include tra l'altro la celebrazione della messa e la confessione.

Nei giorni scorsi Don Luca si era fatto fotografare davanti al portone del palazzo del vescovo monsignor Claudio Cipolla. Ordinato sacerdote nel 1988, è laureato in filosofia e scienze della formazione e ha dato vita alla onlus Percorso vita che si occupa di immigrati, emarginati, poveri e prostitute. Alcuni anni fa criticò l’ipocrisia dei credenti che preparavano il presepe per Natale, ma non si dimostravano accoglienti nei confronti di chi arriva da altri Paesi.

Scriveva il sacerdote:

Il coraggio di togliere il disturbo? Eccolo.

Io mi sono davvero stancato. Dopo 20 anni in cui accogliamo disgraziati di giorno e di notte, ragazzetti che arrivano nelle nostre case con la pancia piena di ovuli di droga o con la faccia dilaniata dalle risse di strada io non voglio giocare all’eroe di turno o al profetuncolo emarginato dall’istituzione ecclesiastica. Mi si dice “quello che fai crea disagio alla diocesi”. No cara istituzione ecclesiastica. Quello che facciamo è creare inclusione, solidarietà, accoglienza, umanità, e anche qualità e cultura. Lo chiamate disagio? È considerato incompatibile? Ne prendo atto, ma non rinuncio a fare quello che stiamo facendo: la cosa più bella della vita. E se suscita disagio in qualche benpensante ben venga! “Quello che fai è bello, ma non c’entra niente con noi. Lo fai a titolo personale. Non lo fai a nome della Chiesa”. Ne prendo atto, ne sono consapevole. Ma sono passati i tempi lunghissimi in cui tacere e soccombere e portare pazienza. Ne traggo le dirette conseguenze e da persona che sta in piedi me ne vado per la mia strada.

Credo nell’inclusione e questo significa il diritto di amarsi e vedere pubblicamente riconosciuto il proprio amore anche per le persone dello stesso sesso. Credo nei diritti delle persone indipendentemente dai loro orientamenti sessuali o dai loro credi. Credo fermamente in una legge sul diritto del fine vita. Questo va totalmente contro il magistero ufficiale della Chiesa e io, per correttezza e integrità, non posso esserne portavoce. Accanto al coraggio di resistere c’è quello di chi interrompere un legame quando diventa talmente stretto da soffocare. Io ho scelto prima l'uno ora è tempo di scegliere l'altro.

Parliamo lingue diverse e diamo priorità a cose diverse, siamo da troppo tempo su mondi radicalmente diversi: con infinita ed estrema serenità e gioia Io continuerò domani, come ieri, ad accogliere nelle nostre comunità i ragazzetti che sono sulla strada vittime della violenza e dello sfruttamento, in nome di Dio e dell’umanità.

La rottura con la Diocesi era dunque annunciata ormai da giorni e sarebbe stato lo stesso Favarin a chiedere la sospensione dal suo ministero. È stata la stessa Curia ad annunciarlo ieri precisando che nei suoi confronti "non c’è alcun atteggiamento di avversione, ma al contrario rispetto e apprezzamento per il suo impegno sociale e per l’attenzione, dimostrata in tutti questi anni, verso le persone più povere e fragili".

La richiesta di dispensa è stata presentata da don Luca Favarin lo scorso 13 dicembre 2022. La sospensione a divinis è atto necessario e conseguente alla richiesta di dispensa dal ministero ordinato.

La modalità operativa di agire in campo sociale di don Luca Favarin e la sua decisione di esonero dal ministero ordinato sono due questioni nettamente distinte e come tali vanno considerate.

Per quanto riguarda l’agire in campo sociale, le iniziative di don Luca Favarin, per quanto pregevoli, sono personali e non pensate, condivise né maturate insieme alla Chiesa di Padova. In particolare sul fronte dell’accoglienza dei migranti la Diocesi di Padova ha scelto di non porsi come “gestore” diretto delle accoglienze, ma di affidarsi a cooperative sociali qualificate, esperte su questo settore, concordi nel collaborare con i volontari e nell’inserimento degli ospiti anche in attività di pubblica utilità. La Diocesi si è impegnata per far maturare e attuare lo stile delle microaccoglienze diffuse nell’intero territorio della Diocesi, sensibilizzando le parrocchie, mettendo a disposizione spazi e soprattutto favorendo reti di relazioni con il territorio, per cooperare insieme davanti alla complessità dei problemi. Contemporaneamente la Diocesi, in particolare attraverso la Caritas e il vicario per le relazioni con il territorio, ha intessuto dialoghi, talvolta anche impegnativi, con le diverse istituzioni presenti nell’intero territorio diocesano. Un orientamento che si è rivelato fruttuoso per le persone accolte, per le persone coinvolte nei progetti, per la crescita del territorio e delle parrocchie. La Diocesi preferisce procedere in modo ordinario, valorizzando tanti soggetti. Vanno ricordate molte altre attività di accoglienza e di sostegno a minori e vittime di tratta che vedono la Chiesa di Padova impegnata con apposite strutture gestite con umiltà e discrezione, in collaborazione con realtà religiose e tanti altri soggetti, tutti ugualmente degni di riconoscimento e di gratitudine.

La scelta di Luca Favarin si è, invece, indirizzata diversamente, in forma autonoma e personale, sfociando in attività imprenditoriali su cui più volte la Diocesi ha chiesto informazioni, condivisione e trasparenza, proprio per poter valutare l’autorizzazione richiesta a un prete per procedere con tali attività (cfr. CDC can. 286). Una richiesta legittimata dal fatto che le azioni e le attività di un prete naturalmente coinvolgono l’intera Diocesi: quando un prete, parla, agisce, attua percorsi e progetti chiunque immagina che lo faccia a nome e per conto della Chiesa. Don Luca non ha accolto l’invito a far proprio lo stile diocesano, ritenendo opportuno continuare per la propria strada.

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