85 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Denunciò il figlio per salvarlo, l’appello di Daniela: “Tutelare i detenuti dal contagio”

Daniela Manzitti, la mamma coraggio che un anno fa, a Bari, ha denunciato il figlio per spaccio di droga per salvarlo, ha scritto una lettera in cui denuncia la condizione dei detenuti ai tempi del coronavirus. “Altro che rivolte, la maggior parte di loro espiano le proprie colpe con consapevolezza e rassegnazione, sono una categoria fragile, non abbandoniamoli”.
A cura di Redazione
85 CONDIVISIONI
Immagine

Daniela Manzitti, la donna che un anno fa, a Bari, ha denunciato il figlio per spaccio di droga, perché potesse responsabilizzarsi e riprendere in mano la sua vita, ha scritto una lettera in cui rappresenta la condizione dei detenuti ai tempi del coronavirus. "Altro che rivolte, la maggior parte di loro espiano le proprie colpe con consapevolezza e rassegnazione, sono una categoria fragile, non abbandoniamoli".

Sono alquanto basita e amareggiata nel constatare che, una categoria così fragile, come quella dei detenuti, sia completamente abbandonata a se stessa. Si sono accesi i riflettori solo nei giorni delle rivolte, diffondendo tra i cittadini "onesti", una sorta di odio nei confronti della popolazione carceraria. Le rivolte hanno avuto motivo d'esserci, è inutile dire che dovevano protestare pacificamente! Non sono mai stati ascoltati in tempo di pace, figuriamoci in tempo di guerra!

E' anche ingiusto fare di tutta l'erba un fascio identificandoli tutti come i facinorosi di Foggia. Gli evasi sarebbero potuti essere molti di più, ma davvero molti, invece la maggior parte di loro sono rimasti al proprio posto, consapevoli di doverlo fare! E sono convinta che, quei pochi che sono evasi hanno avuto e avranno a che fare con il disappunto degli altri detenuti sui quali è ricaduta la responsabilità!

Siamo abituati a leggere articoli dove si evidenzia il coraggio e il vittimismo delle guardie penitenziarie, che sicuramente svolgono il loro compito con impegno e professionalità (non tutti), ma è così difficile spezzare una lancia a favore dei detenuti, molti dei quali sono rassegnati e consapevoli di dover pagare il loro conto alla giustizia. Ho sentito telefonicamente mio figlio qualche giorno dopo le rivolte del carcere e mi spiegò esattamente che i fatti non erano andati come descritto da decine di quotidiani, ovvero con la furia e la violenza dei detenuti, il sequestro di guardie e personale sanitario.

Mio figlio non avrebbe mai potuto fare del male a qualcuno (specialmente in un ambiente come quello dove vige, al contrario di quello che si possa credere, rispetto tra detenuti e guardie e viceversa) nè lui nè altri che si trovano lì per espiare le proprie colpe con consapevolezza e rassegnazione.

85 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views