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Delitto di Novi Ligure, parla Erika De Nardo: “Mi riconoscono e tormentano”

Nel 2001 uccise a coltellate, insieme al fidanzato dell’epoca Omar, la madre Susy e il fratellino Gianluca che aveva solo 11 anni. Ha scontato la sua pena, ora e libera e prova a rifarsi una vita. Ma in un’intervista ammette le difficoltà che incontra ogni giorno.
A cura di Susanna Picone
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Nel 2001 uccise a coltellate, insieme al fidanzato dell’epoca Omar, la madre Susy e il fratellino Gianluca che aveva solo 11 anni. Ha scontato la sua pena, ora e libera e prova a rifarsi una vita. Ma in un’intervista ammette le difficoltà che incontra ogni giorno.

Il massacro di Novi Ligure del 21 febbraio 2001 è ancora vivo nel ricordo collettivo e i nomi degli assassini, i due fidanzatini Erika e Omar, difficilmente saranno dimenticati. Ne sa qualcosa proprio Erika De Nardo, la figlia e sorella delle due vittime. Erika nel 2001 aveva 17 anni e, insieme a Omar Favaro, uccise a coltellate la mamma Susy Cassini e il fratellino di 11 anni Gianluca. Un delitto cruento che avvenne nella villetta di famiglia e per il quale Erika è stata condannata. Oggi lei ha 29 anni, gli ultimi 11 della sua vita li ha trascorsi in galera, da mesi è nuovamente libera e pronta a rifarsi una vita. Ma secondo quanto racconta il quotidiano La Stampa tutto questo le risulta difficile. Al giornale la ragazza ha descritto la sua vita attuale, ha detto di non essere più quella 17enne capace di far del male, che è cambiata, che oggi vive in una villetta nel bresciano e che è rimasta legata alla comunità di don Mazzi. La comunità che la accolse e l’ha aiutata nel periodo di recupero dopo la galera.

Lo sfogo di Erika: “Nessuno mi dà un lavoro” – Quando ritornò a essere una donna libera pare che Erika avesse deciso di partire, di lasciare l’Italia e la sua triste storia per una missione in Africa. In realtà, almeno per ora, ha scelto di restare qui dove ha trovato anche il perdono di suo padre. Ma la sua vita, stando a quanto scrive il quotidiano, non è facile: Erika non riesce ad avere una vita normale, né per esempio a trovare un vero lavoro dato che c’è sempre qualcuno “che la riconosce e tormenta”. A La Stampa ha raccontato di lavorare talvolta in una selleria – il suo amore per i cavalli è maturato negli anni del recupero in comunità – ma che in ogni caso non è un vero lavoro che le permette di guadagnarsi da vivere come tutti gli altri. Il quotidiano scrive anche di come Erika, nel bresciano, sia stata accolta dai suoi vicini di casa: per molti oggi è una normale inquilina che ha pagato per quel che ha fatto quando era una ragazzina e che comunque ha il diritto di rifarsi una vita.

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