Delitto di Garlasco, cos’è questa storia dell’impronta femminile di cui parla la difesa di Alberto Stasi

"Vorremmo fare una rivisitazione, a livello scientifico, di tutto. Anche delle impronte dei piedi" trovate all'epoca sulla scena del crimine, "come quella parziale del numero 36/37, che si ritiene femminile, in quanto pensiamo che con le nuove tecniche si possa arrivare a un esito".
A parlare è l'avvocato Antonio De Rensis, il legale che, insieme alla collega Giada Boccellari, difende Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni di carcere per l'omicidio della fidanzata, Chiara Poggi, trovata morta il 13 agosto 2007 nella villetta dove abitava con la famiglia, nell'ambito della nuova indagine della Procura di Pavia sul delitto di Garlasco.
Nell'inchiesta è attualmente indagato, in concorso con altre persone (o con lo stesso Stasi), Andrea Sempio, amico del fratello della vittima (già attenzionato in passato dagli inquirenti). L'ipotesi su cui sta lavorando la Procura, condivisa dai legali di Stasi, è che l'omicidio sia stato commesso da più persone.
Cosa chiede l'avvocato De Rensis
Per questo la difesa sarebbe interessata a una rilettura scientifica di tutti i reperti che sono attualmente a disposizione. Intanto, gli investigatori si sono messi alla ricerca ancora nei laboratori e negli archivi giudiziari dell'involucro con l'intonaco grattato 18 anni fa dal muro delle scale della villetta di Garlasco che sarebbe legato all'impronta "33", attribuita proprio a Sempio.

Recuperare l'intonaco, asportato con un bisturi sterile, potrebbe aiutare chi indaga a capire se l'impronta fosse sporca di sangue della vittima e se quindi possa essere attribuibile al suo assassino. Si tratta di un reperto che potrebbe essere andato distrutto in quanto c'è una sentenza passata in giudicato, quella di Stasi, anche se su questo aspetto mancano conferme.
La difesa del 41enne ritiene che in quel pezzo di muro "grattato" sia possibile rintracciare "materiale biologico", utile per poter ricostruire "pezzo per pezzo" la vicenda e riscriverla con altri protagonisti. E su questo punto nei prossimi giorni i legali di Stasi dovrebbero depositare una consulenza.
Nella nuova consulenza disposta sull'impronta, già repertata all'epoca dell'omicidio ma ritenuta irrilevante poiché non attribuibile, si legge che sarebbero emerse 15 minuzie (elementi che rendono le impronte uniche e facilmente riconoscibili quando vengono confrontate con altre, ndr) comparabili con quelle del 37enne indagato.
Le indagini e la ricostruzione dell'omicidio di Chiara Poggi
Le nuove indagini puntano a per far luce sull'omicidio della 26enne e si concentrano, oltre che sull'analisi di quanto sequestrato nelle scorse settimane, anche sulla ricostruzione della dinamica del delitto, attraverso la ‘lettura' delle tracce di sangue, e sull'arma con cui venne uccisa la ragazza, mai individuata.
In attesa degli accertamenti genetici disposti, nell'ambito dell'incidente probatorio disposto dalla giudice per le indagini preliminari di Pavia Daniela Garlaschelli, le attività investigative stanno infatti cercando di capire con quale oggetto sia stata colpita la ragazza, andando a riesaminare le molte ferite sulla testa e sul volto.

In tutti questi anni si è sempre pensato a un martello da muratore con una stretta superficie battente e un manico corto adatto a colpire ripetutamente, ma di recente, anche in base a due testimonianze, si è ipotizzato un attizzatoio o una pinza da camino.
I Carabinieri, delegati dai pm pavesi guidati da Fabio Napoleone, dovranno inoltre ricostruire la dinamica tramite "Bloodstain Pattern Analysis", ossia le analisi delle tracce ematiche che vennero trovate su tutte la scena del crimine.
Chiara Poggi fu assassinata con numerosi colpi, poi il suo corpo venne trascinato e gettato dalle scale che portavano alla cantina della villetta, dove già all'epoca furono isolate impronte di cui molte inutilizzabili o esaminate ma con esiti insignificanti e a cui ora, anche grazie ai progressi della scienza forense, si sta cercando di dare un'identità.