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Dal crocifisso alla svastica il passo è breve, lo dice un magistrato

Luigi Tosti si era rifiutato di tenere udienza sotto il simbolo religioso e, in primo grado, era stato condannato a un anno e due mesi. Ma per la Corte d’Appello de L’Aquila non è colpevole. E il dibattito sul principio di laicità dello stato infiamma.
A cura di Biagio Chiariello
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Dal crocifisso alla svastica il passo è breve, lo dice un magistrato

Il nostro titolo è sicuramente un po' una forzatura, non però se andiamo ad analizzare la sentenza del tribunale de L'Aquila e, sopratutto, le parole dell'imputato. Il protagonista della storia è Luigi Tosti, già ribattezzato il giudice del "no al crocifisso in aula". Il magistrato era stato condannato in primo grado ad un anno di reclusione e all’interdizione dai pubblici uffici inflittale nel 2008, perché si è rifiutato di tenere le udienze sotto l’imposizione del crocifisso cattolico. L’accusa contestata era «omissione di atti d’ufficio». Il suo rifiuto era legato al fatto che l’esposizione obbligatoria nei tribunali statali del nostro Paese di un simbolo confessionale, violerebbe non solo l’obbligo dello Stato italiano, e quindi dei magistrati, di amministrare la giustizia in modo visibilmente equilibrato e giusto, ma anche il diritto di libertà religiosa delle persone che, per ragioni di lavoro o di giustizia, sono obbligate a lavorare e/o frequentare gli uffici giudiziari.

La Corte d'Appello ha dato ragione a Torti, ribaltando il verdetto di primo grado. L'esposizione del simbolo cristiano violerebbe i diritti fondamentali di libertà di coscienza. Questo il commento del giudici alla sentenza:

«Il simbolo non può essere passivo, lo sarebbe anche la svastica, il simbolo per natura è comunicativo di una cultura e una filosofia ben precisa. Per ora sono soddisfatto ma attendo le motivazioni alla base dell'assoluzione per approfondire la questione».

Il giudice giudicante ha fatto rispettare il principio di laicità dello stato e dell'uguaglianza di qualsiasi cittadino dinnanzi a una corte, come appunto chiedeva il giudice giudicato. In altre parole il suo "no" a presiedere processi sotto un simbolo – religioso, in questo caso – andrebbe considerato legittimo come atto di esercizio di un diritto costituzionalmente garantito e inviolabile. Ma le polemiche non sono mancante. Tosti, infatti, aveva chiesto che prima del dibattito nell'aula del Tribunale aquilano, fosse riposto il crocifisso che ancora risaltava nell’aula. Ma i colleghi magistrati, piuttosto che rimuoverlo, hanno deciso di spostare l’udienza in un’aula attigua. La soluzione adottata dal Tribunale ha materializzato una sorta di discriminazione, dal momento che è come sostenere che esisterebbe un’aula per i cattolici e un’aula per i non cattolici.

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