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Processo sulla morte di Stefano Cucchi

Cucchi vittima di pestaggio ingiustificato e sproporzionato, la sentenza di condanna dei carabinieri

Le motivazioni della sentenza di condanna dei carabinieri per la morte di Stefano Cucchi. Per i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Roma, l’aggressione mortale subita dalla vittima è stata frutto di una reazione “con modalità violente, ingiustificate e sproporzionate rispetto al tentativo dell’arrestato di colpire il pubblico ufficiale”.
A cura di Antonio Palma
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Stefano Cucchi è stato vittima di un pestaggio ingiustificato e sproporzionato da parte di coloro che lo tenevano in custodia dopo l'arresto e cioè i due carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro. Lo scrivono i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Roma nelle motivazioni della sentenza di condanna in secondo grado per i due militari dell'arma. Secondo i tribunale capitolino, che lo scorso sette maggio ha condannato per la morte di Stefano Cucchi i due carabinieri a 13 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale, l'aggressione mortale subita dalla vittima è stata frutto di una reazione "con modalità violente, ingiustificate e sproporzionate rispetto al tentativo dell'arrestato di colpire il pubblico ufficiale".

Cucchi, le motivazioni della sentenza di condanna dei carabinieri

Secondo quanto ricostruito durante il processo per la morte di Cucchi e messo nero su bianco nelle sentenza di condanna dei due carabinieri, tutto era iniziato con l'arrestato che aveva espresso "il semplice rifiuto di sottoporsi al fotosegnalamento". Da qui sarebbero scattai gli insulti dei militari all'indirizzo della vittima che avrebbe risposto. Poco dopo il pestaggio mortale ad opera dei due militari che ha portato alla morte di Stefano Cucchi. Il gesto di reazione di Cucchi è stato, secondo i giudici, "un gesto solo figurativo, inserito in un contesto di insulti reciproci inizialmente intercorsi dal carabiniere Di Bernardo e l'arrestato che, nel dato contesto, esprime il semplice rifiuto di sottoporsi al fotosegnalamento".

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Ai due carabinieri contestata l'aggravante dei futili motivi

Le successive condotte dei due carabinieri, per la Corte romana, rappresentano "la sproporzione tra l'alterco insorto tra Di Bernardo e Cucchi rispetto alla portata dell'aggressione da quest'ultimo patita alla quale partecipò D'Alessandro" e che per la corte "può ritenersi accertata". Ai due imputati è contestata l'aggravante dei futili motivi in quanto, "le violente modalità con cui è stato consumato il pestaggio ai danni dell'arrestato, gracile nella struttura fisica, esprimono una modalità nell'azione che ha ‘trasnodato' la semplice intenzione di reagire".

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Le altre condanne del processo Stefano Cucchi

Nella stessa sentenza condannato a quattro anni di carcere per falso anche il carabiniere Roberto Mandolini, all'epoca maresciallo  comandante della stazione Appia e, sempre per falso, Francesco Tedesco, il militare che con le sue dichiarazioni aveva fatto luce sul quanto avvenuto nella caserma la notte dell'arresto di Cucchi.

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