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Cristina, morta dopo fecondazione assistita in Moldavia: per l’autopsia è stata uccisa dal Covid

Cristina Torncu, morta dopo essersi rivolta ad una clinica privata di Chisinau nel tentativo di avere un figlio attraverso la fecondazione assistita, sarebbe stata uccisa dal Covid secondo il risultato dell’autopsia svolta in Moldavia. La rabbia del marito: “Non ci prendano per scemi. Vogliamo chiarezza”.
A cura di Ida Artiaco
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Cristina insieme al marito il giorno delle nozze.
Cristina insieme al marito il giorno delle nozze.

A uccidere Cristina Torncu, morta dopo essersi rivolta ad una clinica privata di Chisinau, in Moldavia, nel tentativo di avere un figlio attraverso la fecondazione assistita, sarebbe stato il Covid. È questo quanto emerge dall'autopsia eseguita sul corpo della 30enne piemontese dall'ospedale dove si è verificato il decesso. Risultato che tuttavia non convince per nulla la famiglia della giovane il cui unico desiderio era quello di diventare mamma. "Voglio rivolgermi all’amministrazione ospedaliera, medico compreso. Non ci prendano per scemi. Vogliamo chiarezza. Prometto di lottare in memoria di Cristina", ha detto il marito Stefano Sirbulet.

Tutto è cominciato lo scorso 26 agosto. La 30enne cake designer di Chivasso, alle porte di Torino, e suo marito da quattro anni stavano provando ad avere un figlio, senza successo. Così avevano deciso di rivolgersi ad una clinica privata di Chisinau, paese d'origine di lei. Proprio quel giorno di fine agosto Cristina aveva appuntamento per il prelievo degli ovociti, una procedura semplice che sarebbe dovuta durare una ventina di minuti. Ma improvvisamente è andata in arresto cardiaco, è entrata in coma e non si è più svegliata. Il decesso è avvenuto formalmente il 2 settembre.

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Il marito di Cristina ha chiesto sin da subito che venisse fatta chiarezza sulle cause del decesso della 30enne. Solo nelle ultime ore è arrivato il risultato dell’autopsia, dopo tredici settimane, che parlava di "un nuovo tipo di infezione virale da Covid 19", ma secondo l'uomo si tratta di "un falso creato per evitare condanne per negligenza". Sorina Arnaut, avvocato della famiglia, ha già deciso di chiedere un’altra perizia. "Le conclusioni sono aberranti — ha spiegato il legale —. Siamo sicuri che non c’entri il contagio. Pensiamo si tratti di un’infezione. Chiederemo un’altra perizia e l’intervento di periti stranieri". Anche i familiari della vittima sono d'accordo: "Fino al giorno della sua morte, abbiamo avuto accesso quotidiano alla stanza dove si trovava. Se avesse avuto il Covid, perché ci è stato concesso?", hanno dichiarato. Secondo la clinica però il 28 agosto la donna sarebbe risultata positiva.

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